Il Fatto Quotidiano

Quando Tiziano e Matteo non erano garantisti

Renzis Il padre consiglier­e comunale e il figlio segretario del Ppi fecero dimettere l’ex sindaco di Rignano a colpi di esposti ai pm finiti in nulla

- » DAVIDE VECCHI

Esiste “una questione morale che prescinde d al l’a rc h iv ia z io ne : questa vicenda ci costringe ad affrontare un nodo fondamenta­le per la politica nel Valdarno, non possiamo lasciare che esista il minimo dubbio sull’integrità di un sindaco”. Così parlava Matteo Renzi nell’anno 2001, quando era un g io v an is s im o segretario provincial­e dei Popolari e insieme al padre Tiziano Renzi, capogruppo in Comune a Rignano, riuscì a far dimettere l’allora sindaco Massimo Settimelli. Erano oltre il giustizial­ismo: il primo cittadino non era neanche stato indagato. La Procura di Firenze aprì un accertamen­to sul “piano cave” di Rignano e si interessò all’allora primo cittadino. Il fascicolo finì subito nel nulla perché il pm non trovò ipotesi di reato. Ma la cosa non piacque ai Renzi che iniziarono una campagna contro Settimelli. “Fecero di tutto per cacciarlo”, ricordano a Rignano.

Nel trambusto di queste settimane, con le indagini a carico di Tiziano Renzi, c’è chi è andato a risvegliar la me- moria. E da sotto la polvere ieri, in attesa che iniziasse la segreteria del Pd cittadino, è spuntata una vecchia storia del 2001.

CHIUSO IL PRIMO fasci colo della Procura, i Renzi non si diedero per vinti. E crearono il caso politico a colpi di esposti, denunce, volantini. Arrivarono a stampare e distribuir­e ai 2800 elettori di Rignano una lettera di ben cinque pagine in cui accusavano l’allora sindaco di ogni nefandezza: da un presunto buco di bilancio a un abuso edilizio nella sua casa; dall’aver ricevuto una Bmw come mazzetta da un imprendito­re all’aver evaso persino l’Ici. Il primo cittadino li citò in giudizio. La Procura aprì un secondo fascicolo e indagò Settimelli con ben 18 ipotesi di reato. Dalla corruzione alla concussion­e. Nonostante i popolari rappresent­assero lo zero virgola niente e i Ds veleggiass­ero con il 60% delle preferenze, i Renzi riuscirono nell’intento e Settimelli, nel gennaio 2002 si dimise.

Luogo della disputa, quindici anni fa come ieri, l’ex bottega trasformat­a in sezione politica nella piazza centrale del paese. Qui si riunirono i Ds per discutere l’addio di Setti- melli allora e qui ieri si sono riuniti quelli del Pd per discutere dell’addio di Tiziano Renzi da segretario cittadino. Il secondo in pochi anni: il primo quando fu indagato per bancarotta fraudolent­a dalla Procura di Genova tre anni fa, il secondo adesso perché coinvolto nella fuga di notizie Consip. E le foto alle pareti della sezione sono sempre quelle. Gramsci, Togliatti. Non c’è più quella di Piero Fassino, che all’epoca invece campeggiav­a e prometteva grandi successi. Proprio come il giovine Renzi di due anni fa. La storia, in fondo, rende sempre giustizia al- la verità. E l’ha resa anche a Settimelli. Che dopo un calvario giudiziari­o lungo dieci anni esatti è stato assolto con formula piena da tutte le accuse. “Il fatto non sussiste”, ha stabilito la Cassazione nel 2012. “U n’esperienza che non auguro a nessuno”, dice oggi al Fatto Settimelli, “e anche oggi che Tiziano è indagato per fatti apparentem­ente ben più gravi gli auguro di riuscire a dimostrare la sua estraneità il prima possibile; anche su questo in effetti siamo diversi”. In cosa? “Io a differenza sua non gioisco se lui viene condannato”.

La mattina del 26 gennaio

2002 Settimelli ricevette l’avviso di garanzia “e nel pomeriggio ero dal prefetto, all’epoca era Achille Serra, a dimettermi da sindaco”, ricorda. “E lasciai immediatam­ente anche i Ds per non creare possibili imbarazzi al mio partito”. La stessa condotta tenuta dai politici del Pd oggi. “Non mi chieda di fare paragoni, non si possono fare: io li conosco bene i Renzi, sono fatti così, non hanno nulla di sinistra, neanche il braccio, hanno due braccia destre”, tenta di sorridere Settimelli ma, aggiunge sospirando, “io li conosco bene”. Se “i vari Bersani fossero venuti da me li avrei aiutati a capire il personaggi­o: un autoritari­o, arrogante, presuntuos­o; ha il vantaggio di essere fortunato, avere una faccia di bronzo che per un po’ ha funzionato. Si è castrato con le proprie mani”.

PERCHÉ POI i rapporti non si sono conclusi con Rignano, ma sono proseguiti anche a Firenze. Setimelli è dipendente di Palazzo Vecchio dal 1978. Quando il giovine Matteo è diventato primo cittadino nel 2009, quindi sette anni dopo aver montato il caso politico per farlo dimettere da sindaco di Rignano, lo ha sospeso per 19 mesi, poi per fortuna è arrivata la Cassazione. Dopo dieci anni. Su un’inchiesta che era già stata archiviata, nella quale Settimelli non era indagato. Ma ai Renzi all’epoca premeva la questione morale “a prescinder­e”. Che siano cambiati? Settimelli scuote il capo. “No, son fatti così: dipende da quel che voglian loro, poi tanto tutti a Medjugorje e via, avanti Savoia con un’altra cosa”.

Non mi chieda di fare paragoni con loro, non si possono fare: io li conosco bene i Renzi, sono fatti così, non hanno nulla di sinistra, neanche il braccio, hanno due braccia destre

MASSIMO SETTIMELLI

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Ansa Imbarazzi Tiziano Renzi, papà di Matteo, indagato per traffico di influenze illecite
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