“Ci intimidiscono”, “Sei come Salvini” Il gaio dibattito Pd
DemEmiliano parla di minacce sul territorio ai dirigenti schierati con lui. L’assessore bolognese (per Orlando): “Renzi? È di destra”
Le primarie del Pd saranno pure un “rito abbreviato”, come le definisce Michele Emiliano, ma la celebrazione in fretta e furia voluta da Matteo Renzi non sta impedendo che nel partito voli più di uno straccio.
Di certo le ultime uscite dell’ex premier non hanno contribuito a un clima più sereno, per usare un aggettivo a lui caro: al Lingotto, Renzi ha fatto filtrare la volontà di alzare la soglia di sbarramento della legge elettorale dal 3 al 5 per cento (si legge in un retroscena di Repubblica, del genere “Renzi ai suoi”). Un’ipotesi praticamente irrealizzabile con gli attuali numeri in Parlamento: più che altro una minaccia a sinistra, verso chi è appena uscito dal Pd o potrebbe pensare di farlo dopo la conta interna di fine aprile. Altro che nuovo Ulivo, quindi: nelle liste dem ci sarebbe posto al massimo per Giuliano Pisapia o per Laura Boldrini, da indipendenti. Per tutti gli altri, porte sbarrate.
IERI INVECE è tornato a parlare Emiliano. Prima su La7, nel talk show mattutino Omnibus , durante il quale ha lanciato accuse sibilline ma piuttosto pesanti: “Enrico Rossi e Roberto Speranza sono due brave persone, la violenza intorno a loro gli ha reso invivibile la possibilità di stare nel Pd. Io resisto alle intimidazioni, sono stato addestrato a farlo dal mio lavoro di magistrato. Ci sono decine di persone che mi sostengono senza ammetterlo perché dire ‘io sto con Emiliano’, in questo momento, è pericoloso”.
Nel pomeriggio, ospite del videoforum di Repubblica , il governatore pugliese ha spiegato (in parte) il senso delle sue parole. Le intimidazioni sarebbero “di natura politica”: “Molti hanno la sensazione che si debba andare oltre il renzismo, ma dicono ‘io tengo famiglia’, insomma c’è la paura che non gli facciano più fare carriera politica. Tanti si daranno da fare per darmi una mano ma preferiranno non farlo sapere”. Emiliano non ha ascoltato – dice – gli interventi di Renzi al Lingotto (“avevo iniziative per il Congresso”), ma ha trovato una nuova, aulica definizione del renzismo: “Il nulla lucente”. Poi è tornato a definire il Pd “il partito dei banchieri e dei petrolieri, perché Renzi si è preoccupato più delle banche che delle persone senza lavoro, più delle grandi imprese che delle piccole e medie imprese”. Il presidente della Puglia ha confermato la sua linea su Luca Lotti: non gli chiede formalmente di fare un passo indietro, “ma se mi trovassi io nella sua situazione mi sarei già dimesso da ministro”. Ha attaccato anche il terzo candidato, Andrea Orlando: “Ha condiviso tutto dei mille giorni del governo Renzi. Il suo pentimento è tardivo. L’unica alternativa al renzismo siamo noi”. Ha sottolineato, infine, di non avere “alcun tipo di prevenzione nei confronti del Movimento 5 Stelle: in Puglia avevo nominato tre assessori donna del M5s. Il loro popolo, che è composto anche da molti delusi dal Pd, in parte mi assomiglia, abbiamo dei valori in comune”.
A LT RE c on fe rm e del clima congressuale poco ecumenico, diciamo, arrivano dall’Emilia. Uno degli uomini forti del Pd bolognese, l’assessore comunale Paolo Lepore, sostenitore della candidatura di Orlando, ha pronunciato giudizi definitivi sul partito, in un’intervista al Corriere della Sera di Bologna: “In questo momento gli elettori fanno fatica a distinguere il Pd dal centrodestra”, non solo “quello di Berlusconi” ma pure “quello di Salvini, si fa fatica a vedere le differenze”.
Lepore è considerato l’erede politico del sindaco Virginio Merola (anche lui schierato con Orlando). Il primo cittadino non solo non ha preso le distanze, ma ha sottoscritto le sue parole: “Non credo che Lepore sia contro il Pd. Ha detto che se uno ha fatto la campagna elettorale si rende conto che abbiamo un problema di rapporto con i ceti popolari, che va affrontato. Se poi qualcuno prende la verità come un’offesa, è un altro problema”.
Mentre gli “orlandiani” caricano a testa bassa contro il segretario uscente, il ministro della Giustizia tiene un profilo molto più basso: “Non mi pento di nient e”, dice, riferendosi all’e sp erienza nel governo renziano. E aggiunge: “Se nessuno dei candidati alle primarie del Pd superasse il 50%, non sarebbe automatica un’alleanza con Emiliano, mi confronterei con entrambi i candidati”.
Infine, il fronte televisivo. Dario Ginefra, pa rlam enta re vicino a Emiliano, ha criticato la Rai: “Scriveremo al direttore Campo dall’Orto per chiedergli un maggiore equilibrio della presenza negli spazi concessi ai tre candidati”. Replica dell’on n i p r esente deputato renziano in Vigilanza, Michele Anzaldi: “I dati dell’Osservatorio di Pavia dicono che tra il 18 febbraio e il 3 marzo Emiliano ha avuto più spazio di Renzi e Orlando”(ma erano i giorni del “me ne vado, anzi no, resta”). Un altro mese e mezzo così e altro che le “carte bollate” di Emiliano.
MICHELE EMILIANO
Il renzismo è il nulla lucente Molti voteranno per me ma non possono dirlo perché hanno paura per la loro carriera