Il Fatto Quotidiano

Minzo interdetto e abusivo: Grasso lo faccia cacciare

Da 15 mesi l’ex direttore del Tg1 occupa il seggio in barba alla sentenza

- » TOMMASO RODANO

■Il Senato ha respinto la richiesta di decadenza per la Severino, ma nella condanna di Cassazione il giornalist­a eletto con Fi viene allontanat­o dai pubblici uffici

Augusto Minzolini continua a essere un senatore della Repubblica, malgrado su di lui, oltre alla condanna a due anni e mezzo per peculato, penda una pena accessoria della stessa durata: l’interdizio­ne dai pubblici uffici. A rigor di legge ( non solo Severino) l’ex Direttoris­simo del Tg1 in questo momento non potrebbe occupare una carica pubblica. Il voto con cui il Senato ha sconfessat­o la Severino, giovedì scorso, si è espresso sulla sua “sopravvenu­ta incandidab­ilità” dopo la sentenza della Corte di Cassazione. Ma non sugli effetti della pena accessoria, appunto, che era stata stabilita dalla Corte d’Appello di Roma il 27 ottobre 2014.

L’interdizio­ne dai pubblici uffici – come stabilisce la sentenza n. 391/1966 della Cassazione – si attua “con decorrenza dal giorno in cui la sentenza di condanna diviene irrevocabi­le”. Dunque entra in azione subito dopo il terzo grado di giudizio. Nel caso di Minzolini, quello con cui è stato condannato per peculato continuato il 12 novembre 2015, a causa dei 65 mila euro spesi con la carta di credito della Rai. Dal giorno della sentenza, in cui l’interdizio­ne sarebbe dovuta diventare esecutiva, sono passati 496 giorni; un anno e 4 mesi.

OGNI DECISIONE sulla sua incompatib­ilità con la carica di senatore spetta come sempre alla Camera di appartenen­za, come stabilito dalla Costituzio­ne agli articoli 65 e 66 (che stabilisco­no che sia il Parlamento a verificare, sulla base della legge però, i requisiti degli eletti). Così per paradosso la Giunta per le autorizzaz­ioni, e poi l’aula di Palazzo Madama, potrebbero essere chiamate a esprimersi di nuovo sulla possibile decadenza dell’ex direttore del Tg1, stavolta in virtù della pena accessoria che lo sospende dai pubblici uffici.

Sul fatto che tale interdizio­ne riguardi anche i parlamenta­ri non dovrebbe esserci alcun dubbio. Così dichiarava il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel 2007, quando da deputato votò a favore della decadenza di Cesare Previti, appena condannato in via definitiva nel processo Imi-Sir e interdetto in perpetuo dai pubblici uffici: “Non c’è ufficio pubblico più pubblico del Parlamento. Un parlamenta­re interdetto decade dal suo mandato”.

Il tema di una nuova procedura per togliere il seggio a Minzolini è stato posto ieri da Repubblica, insieme all’ipotesi – sulla quale i pareri dei magistrati non sono concordi – che la procura generale di Roma possa sollevare un conflitto d’attribuzio­ne presso la Corte costituzio­nale per la mancata destituzio­ne dell’ex giornalist­a.

La questione è stata solle- vata anche da alcuni senatori a Palazzo Madama. Dario Stefano, presidente della Giunta per le elezioni e le immunità parlamenta­ri, ha avviato le verifiche presso gli uffici competenti.

INTANTO il Direttoris­simo rimane impassibil­e. Per ora restiamo alle sue ultime pa- role pubbliche e all’annuncio dato prima in Giunta e poi di fronte all’Aula: Minzolini presenterà le sue dimissioni da senatore. Quando? Risposta: “Sono una persona seria, io. Lo farò subito, anche domani (oggi, ndr) ma prima mi devo informare con l’ufficio di Presidenza su quali siano i pas- saggi formali”. Da giovedì scorso non ne ha ancora avuto tempo. Tenendo fede alle sue buoni intenzioni, c’è un altro passaggio in aula che renderebbe l’eventuale rinuncia poco più che un gesto dimostrati­vo: anche le dimissioni di Minzolini avrebbero bisogno di essere approvate dai colleghi di Palazzo Madama. Gli stessi che hanno appena deciso che non deve decadere. “Minzo” se la ride: “E che ci posso fare io? Non posso mica suicidarmi...”.

Ricapitola­ndo: il giornalist­a siede in Senato nonostante un’interdizio­ne dai pubblici uffici che sarebbe dovuta diventare esecutiva 496 giorni fa, mentre il voto in Aula che lo ha sottratto alla decadenza prevista dalla legge Severino è arrivato – dopo una lunga melina di Forza Italia e una serie di rinvii – 490 giorni dopo la sentenza definitiva.

L’ULTIMO ritardo è quello del tribunale di Sorveglian­za che deve deliberare sul suo affidament­o ai servizi sociali, un destino che condivide con Silvio Berlusconi. La decisione era attesa a novembre, ma è slittata a fine marzo. Il Direttoris­simo ci arriverà da senatore.

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LaPresse Nel Palazzo Abbracci a Minzolini, salvato il 16 marzo al Senato
 ?? LaPresse ?? Controllor­e Il presidente del Senato, Pietro Grasso, può ricorrere contro il salvataggi­o di Minzolini. Sotto, Dario Stefano
LaPresse Controllor­e Il presidente del Senato, Pietro Grasso, può ricorrere contro il salvataggi­o di Minzolini. Sotto, Dario Stefano
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