Non finisce qui
Il caso Minzolini, che poi è il caso “Parlamento fuorilegge e sedizioso”, è rapidamente scomparso dalle prime pagine dei giornali. Ma non può finire così. E i rappresentanti delle istituzioni che ne hanno a cuore il buon nome, a cominciare dal garante supremo della Costituzione Sergio Mattarella e dai presidenti delle Camere Piero Grasso e Laura Boldrini, possono fare molto perché non finisca così. Il 12 novembre 2015, ben 15 mesi fa, l’ex direttore Augusto Minzolini viene condannato in via definitiva a 2 anni e 6 mesi di reclusione (pena principale) e all’interdizione dai pubblici uffici della stessa durata (pena accessoria), per il reato di peculato. La sentenza comporta tre conseguenze. 1) Minzolini deve scontare la pena principale di 2 anni e mezzo in carcere o, se ne fa richiesta, in affidamento in prova ai servizi sociali (come B. all’ospizio di Cesano Boscone). 2) Minzolini deve scontare la pena accessoria con la perdita dei diritti all’elettorato attivo e passivo, cioè non può più votare né essere eletto, né tantomeno esercitare il pubblico ufficio per eccellenza, quello di parlamentare: dunque deve decadere dal seggio di senatore che occupa abusivamente da 15 mesi (con indennità, diarie e contributi pensionistici) al posto del primo dei non eletti che dovrebbe sostituirlo. 3) Minzolini, oltreché perla pena accessoria dell’interdizione, non può più restare senatore per gli effetti della pena principale fissati dalla Severino: decadenza e ineleggibilità per i condannati a più di 2 anni. Il punto 3 è stato illegalmente cancellato dal voto di giovedì al Senato, ma i punti 1 e 2 restano: il Senato deve votare al più presto (è già in ritardo di 15 mesi) la decadenza del senatore interdetto e affidarlo al giudice dell’esecuzione penale, il Pg della Cassazione, perché inizi a scontare la pena. Quel voto, prima in giunta per le elezioni e immunità e poi in aula, può essere evitato solo se in caso di dimissioni. I precedenti più recenti di parlamentari pregiudicati e interdetti sono quattro: Filippo Drago (interdetto per 2 anni e 9 mesi), Silvio Berlusconi (2 anni), Cesare Previti e Salvatore Cuffaro (a vita). In nessuno dei quattro casi il Parlamento ha votato la decadenza per l’interdizione: o perché si erano dimessi prima (Previti, Cuffaro e Drago), o perché erano già decaduti in virtù della Severino (Berlusconi). Nel caso di Drago, prima che si dimettesse, la Giunta discusse a lungo nel 2009 se farlo decadere o no, perché alla fine della legislatura mancavano 4 anni e l’interdizione durava solo 2 anni e 9 mesi e l’interessato piagnucolava peril vulnus di non poter rientrare per i mesi restanti.
Eniente. Il ragazzo è così: sembra non riservare sorprese e invece... Si parla di Jeroen Dijsselbloem: per i distratti, è quel riccetto olandese che pare sempre inspiegabilmente soddisfatto di sé e di mestiere fa il ministro delle Finanze del suo Paese ( ancora per poco) e il presidente dell’Eurogruppo, un simpatico organismo informale che riunisce i ministri economici dei Paesi dell’euro e, sempre informalmente, ne decide la sorte (chiedere ad Atene). Ecco, il povero Jeroen ha recentemente avuto una brutta disavventura elettorale: il suo partito - i laburisti - che governava in coalizione con la destra del premier Rutte, è tracollato passando da 32 a 9 seggi, peggior risultato della sua storia. Siccome l’Ue è un’istituzione solidale ed ha particolarmente a cuore il problema della disoccupazione, almeno di quella della sua burocratja, un po’ tutti – da Juncker a Schäuble – si sono precipitati a dire che il povero Jeroen può rimanere a capo di un organismo di ministri anche quando non sarà più ministro, “tanto scade nel 2018”. Dijsselbloem, che è d’accordo con quelli che non vogliono togliergli la poltrona, passa per falco (impossibile per uno così amante della poltrona) e invece è assai attento alla solidarietà. Parlando del Sud Europa alla Faz l’ha spiegato così: “Come socialdemocratico, do eccezionale importanza alla solidarietà, ma ci sono degli obblighi: non puoi spendere i soldi in alcol e donne e poi chiedere aiuto”. E dunque: buon 60esimo dei “Trattati di Roma” a tutti, falchi, colombe, poltrone ed eventuali umani.