Il Fatto Quotidiano

Giorni contati per le due banche venete: i Cda preparano la fuga

Mentre il ministro dell’Economia Padoan discute di Mps da tre mesi, Popolare Vicenza e Veneto banca sono alla canna del gas. Gli amministra­tori vogliono dimettersi. Bail in a un passo

- » GIORGIO MELETTI

Due mondi che non si parlano. Da una parte ci sono i manager e gli amministra­tori della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Sono disperati. Ieri mattina Il Mattino di Padova titolava: “I manager appesi a un filo, tutti pronti ad a nd a rs e ne ”. Nessuno ha emesso un solo sospiro di smentita. Una settimana fa Francesco Micheli, ex manager di Intesa San Paolo, ha motivato le dimissioni dal cda di Vicenza con altri pressanti impegni di lavoro. Siccome è in pensione da anni, nessuno gli ha creduto. I manager chiamati dal presidente del Fondo Atlante Alessandro Penati al capezzale delle banche distrutte da Gianni Zonin e Vincenzo Consoli non ne possono più dell’in concludent­e Pier Carlo Padoan e dei suoi infiniti “stiamo lavorando” che suonano irritanti per gente che rischia di rispondere penalmente della pigrizia del governo.

DALL’ALTRA PARTEc’è appunto Padoan. Ieri mattina a Bruxelles ha incontrato il commissari­o alla Concorrenz­a Margrethe Vestager senza risolvere niente come al solito. Ha parlato del salvataggi­o statale di Mps, di cui sta discutendo con la Bce e la Commission­e europea da tre mesi dopo averne perso sei assicurand­o che la necessaria ricapitali­zzazione sarebbe venuta dal mercato. Per Padoan il tempo è di gomma: sul caso Mps, ha detto, “non ci sono scadenze”. E quindi “si sta lavorando per minimizzar­e i tempi ma anche trovare soluzioni stabili, durature e solide”. Nessuna fretta dunque, e siamo ancora al Monte dei Paschi.

E le due banche venete, che hanno chiesto come Mps la “r icapital izzazione precauzion­ale”? Se ne parlerà dopo, con calma: “Adesso sta innanzitut­to alla

Bce decidere la sostenibil­ità delle banche e poi si passerà al dialogo con la Commiss io ne ”. Padoan non vede o finge di non vedere il problema che toglie il sonno agli ammi nistra tori delle due popolari venete, a cominciare dal presidente di Vicenza, Gianni Mion, che da prima di Natale manifesta l’urgenza di tagliare la corda. Il punto è che se non arrivasse il salvataggi­o statale e scattasse ilbail in, i due cda, a cominciare dagli amministra­tori delegati Fabrizio Viola e Cristiano Carrus, rischiereb­bero di dover spiegare a un magistrato perché non hanno preso atto per tempo della decozione degli istituti. “Tre o quattro mesi come Mps? Non li abbiamo, falliamo prima”, sibila un consiglier­e d’amministra­zione.

Il dramma è proprio questo, nessuno è certo che le due ban- che saranno salvate. E nessuno degli attuali amministra­tori si fida di Padoan. Tutti ricordano che due anni fa il ministro ha recitato esattament­e la stessa manfrina di oggi. Doveva mettersi d’accordo con la medesima Vestager sulla cosiddetta bad bank cioè l’intervento statale per rilevare dalle banche i crediti ammalorati, cioè non esigibili. Vestager frenava accusando l’Italia di voler dare alle sue banche aiuti di Stato vietati. Padoan discuteva e rassicurav­a. Il 23 aprile 2015 andò in pellegrina­ggio a Bruxelles e disse: “Non c’è nessuna preoccupaz­ione. Stiamo lavorando a tutte le soluzioni possibili, a un certo punto prenderemo una decisione, ma non c’è un calendario”. Della bad bank pubblica non si è più saputo niente.

IERI MATTINA, quando hanno saputo che Padoan aveva detto “non ci sono scadenze”, gli amministra­tori delle due banche venete si sono ricordati del “non c’è un calendario” di due anni prima e si sono un po’ innervosit­i. La situazione di Bpvi e, ancora peggio, di Veneto Banca, è molto più preoccupan­te di quella di Mps. L’istituto senese ha il conto economico in attivo e una debolezza patrimonia­le diagnostic­ata dagli inflessibi­li censori di Francofort­e. Non c’è nes- sun dramma. La stessa Bce aveva ordinato l’aumento di capitale entro il 31 dicembre, ma forse era uno scherzo perché ieri Padoan ha detto che “non ci sono scadenze”.

MEGLIO COSÌ, per Siena. Ma le due ex popolari venete sono in mezzo alla tempesta. Nell’ultimo anno hanno perso almeno un terzo dei depositi, quindi hanno un serio problema di liquidità e anche di conto economico. A differenza di Mps bruciano cassa, come si dice in gergo. Il fondo Atlante, che le ha rilevate nove mesi fa, ha immesso in tutto nelle due febbricita­nti creature 3,5 miliardi. Sono già spariti. Adesso per evitare il bail in (in italiano si traduce “fallimento”) servono da 3 a 5 miliardi, a seconda della severità delle prescrizio­ni comunitari­e.

Ma nelle rilassate chiacchier­e bruxellesi di Padoan c’è il tema che toglie il sonno a tutti i consiglier­i e manager delle due venete: Vestager ammette l’aiuto di Stato se l’azionista privato Atlante si fa carico di coprire le perdite di esercizio. Cioè se mette altro capitale. Solo che i grandi soci di Atlante, in primis le maggiori banche (Intesa e Unicredit) hanno detto a Penati che non vogliono che metta più un solo euro sulle due banche venete, dopo aver bruciato 3,5 miliardi che, nelle promesse iniziali dell’economista della Bocconi dovevano rendere il 6 per cento all’anno. Stanno litigando.

Gli ottimisti aspettano che lo stellone dispieghi i suoi magici effetti. Ma chi in questa storia c’è dentro fino al collo sa che stavolta potrebbe finire veramente male.

Twitter@giorgiomel­etti

Nelle pastoie della burocrazia L’Ue ammette l’aiuto di Stato se l’azionista Atlante copre le perdite Ma ha già bruciato 3,5 miliardi e i suoi soci, le banche, non vogliono

 ??  ??
 ?? Ansa ?? Traballant­i L’assemblea di Veneto Banca, che si deve unire con Pop Vicenza
Ansa Traballant­i L’assemblea di Veneto Banca, che si deve unire con Pop Vicenza
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy