Il Fatto Quotidiano

I falsi miti dell’investire in Spac e di seguire le scelte dei vip

- » BEPPE SCIENZA

▶SI VENDE L’IDEA,

sono soliti dire i promotori finanziari. Il prodotto nuovo, la formula innovativa non sono ancora squalifica­ti a causa delle figure barbine colleziona­te negli anni precedenti. Così una delle ultime trovate per arrivare ai soldi di risparmiat­ori e soprattutt­o di facoltosi eredi, è la spac. Abbreviazi­one inglese di Special Purpose Acquisitio­n Company. E in effetti lo strumento può avere senso come scorciatoi­a per portare al listino di Borsa una società non quotata.

Qui però vogliamo concentrar­ci su cosa capita in banche, sim e family office. I sedicenti consulenti finanziari decantano la formula, raccontand­o di persone molto introdotte che costituisc­ono una spac, vi versano soldi di tasca propria e poi offrono ad altri di partecipar­e. L’obiettivo è raccoglier­e abbastanza capitale per comprare una società particolar­mente promettent­e, ma appunto non ancora quotata. Sbandieran­o articoli di stampa, con titoli del tipo “Ricchi con la Spac”, e citano personaggi più o meno noti, quali Vito Gamberale, Massimo Capuano, Fulvio Conti ecc., che in tal modo avrebbero guadagnato e fatto guadagnare tanti quattrini. In realtà non è questo il caso per esempio dell’Ivs, che fatica a tornare ai 10 euro iniziali.

Ma il discorso è più generale. Torna alla mente cosa facevano alla fine degli anni ’70, cioè al tempo dei titoli atipici, i venditori porta a porta della Fundus di Torino. Andavano a dire che i soldi raccolti venivano messi e gestiti assieme a quelli degli Agnelli. Giocavano sul fatto di aver la sede nello stesso edificio di parecchie società del gruppo Fiat: Ifi, Sai, Unicem ecc. Cominciata bene, la storia finì molto male col crac Scotti. L’imbroglio è sempre lo stesso: si fa credere che sia possibile e addirittur­a facile essere invitati a dividere la torta con ricchi e potenti, che fungono da specchiett­i per le allodole. Perché mai questi non dovrebbero fare invece la propria convenienz­a a danno degli investitor­i? Soprattutt­o con controlli laschi e nessuna trasparenz­a?

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