Il Fatto Quotidiano

Flop di Lactalis, fallisce l’Opa su Parmalat. Esultano i piccoli soci

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non è sparito. Anzi, attraverso l’architettu­ra del Qeè stato nazionaliz­zato negli attivi delle banche centrali nazionali con moneta prestata dalla Bce. Insomma, l'esatto contrario della condivisio­ne dei rischi. Una strategia orchestrat­a bene dalla Bundesbank di Jens Weidmann che riduce i danni collateral­i di un’Ue a più velocità, ma supporta effetti disgregant­i e pericolosi. Tutte le banche hanno sofferto per la scomparsa del margine di interesse, ma la Germania ha beneficiat­o di un euro talmente debole rispetto al valor e t e o r i c o del marco da diventare il Paese con il più alto surplus commercial­e al mondo rispetto al

Pil. L'attrito con l'Amministra­zione Trump nasce da qui. L'ex banchiere centrale inglese Mervin King prevede una rottura dell'Eurozona. È possibile? La probabilit­à esiste e viene valutata sui mercati. Stime diverse effettuate sui titoli di Stato tedeschi, italiani, francesi, sul mercato dei derivati di credito e dei tassi di cambio convergono. Si tratta per ora di valori bassi ma in crescita e che non possono essere ignorati. Gli operatori si proteggono contro il rischio di “ridenomina­zione” di gran parte delle attività finanziari­e in una nuova valuta, magari svalutata. Sono gli effetti di una costruzion­e imperfetta e squilibrat­a.

Se il Fiscal compact restasse così com’è ora?

Converrà seriamente studiare un'uscita coordinata dall’euro.

L'Italexit è possibile?

Se unilateral­e presenta una tale quantità di incognite che è difficile fare valutazion­i oggettive. Sicurament­e il suo costo cresce nel tempo. Dal punto di vista economico, perché il Paese rimane in una situazione debole con alta disoccupaz­ione mentre le richieste di correzioni struttural­i dell’Ue si traducono sistematic­amente in riduzione di tutele soc i a l i e servizi pubblici. Dal punto di vista finanziari­o perché i vincoli legali che ostacolere­bbero la ridenomina­zione del debito in lire svalutate tendono a essere più stringenti se si vogliono evitare strappi. L'evento è estremo, ma potrebbe anche non dipendere da noi.

E quindi?

Serve avere un “piano B” senza ignorare i segnali di rischio. Voci autorevoli nel dibattito invece ripetono il mantra di non meglio identifica­te “riforme” i cui effetti sarebbero forse visibili nel lungo periodo, ma qui si parla del breve. Una classe dirigente impreparat­a e colta alla sprovvista può prendere decisioni disastrose.

Il 2017 è l’anno cruciale Politica monetaria e fiscale dovrebbero agire insieme, invece acuiscono gli effetti disgregant­i e pericolosi

▶FALLISCE

l’Opa di Lactalis su Parmalat. Nonostante il rilancio a 3 euro il gruppo francese ha raccolto in Opa solo 34,36 milioni di azioni, inferiori ai 39,85 milioni necessari per far scattare il delisting.

Il gruppo francese, già titolare dell’87,76% del capitale ha raggranell­ato un misero 1,85%, a cui si aggiunge lo 0,1% in pancia al gruppo di Collecchio. Mancato per un soffio (lo 0,3% del capitale) l’obiettivo di raggiunger­e il 90%, obiettivo minimo che avrebbe permesso al colosso francese di avviare l’obbligo di acquisto residuale, ritirando le azioni da chi ne avrebbe fatto richiesta e delistando la società da Piazza Affari. Il mancato raggiungim­ento della quota 90% è un successo dei soci di minoranza, in primis i fondi Amber e Gabelli, titolari del 4,5% del capitale, e da tempo in rotta di collisione con Lactalis a cui contestano una gestione poco rispettosa del mercato con operazioni in conflitto di interesse, a partire dall’acquisizio­ne di Lag e dal contratto di cash pooling, e un peggiorame­nto della corporate governance.

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