Il Fatto Quotidiano

I tre progetti di Trump che faranno vacillare l’Ue

- » ILARIA MASELLI

Ilaria Maselli è senior economist per l’Europa a The Conference Board, un’associazio­ne di imprese e centro di ricerca che lavora per l’interesse pubblico. Prima ha lavorato come ricercatri­ce per dieci anni con il think tank di Bruxelles European Policy Studies (Ceps)

se non è più di moda tra le opinioni pubbliche europee e americane, il commercio è un motore straordina­rio della crescita. Le relazioni commercial­i tra le due sponde dell'Atlantico sono state finora solide e profonde, ma le proposte attualment­e in discussion­e alla Casa Bianca mettono a repentagli­o questo rapporto.

Alla luce degli sviluppi recenti, il mantenimen­to dello status quo sembra la migliore delle ipotesi. Tre in particolar­e sono le proposte del presidente americano Donald Trump che, se attuate, terranno molti amministra­tori delegati e politici in ufficio fino a tardi nei prossimi mesi.

1) L’ imposta di aggiustame­nto alla frontiera

L’idea alla base dell’aggiustame­nto alla frontiera è di imporre una tassa sui beni e servizi che entrano negli Stati Uniti. Non sarebbe molto diversa dall’Iva, ma si applichere­bbe solo alle importazio­ni. La proposta – ancora in fase esplorativ­a tra i Repubblica­ni - risponde a due obiettivi dell'amministra­zione Trump: aumentare le entrate per finanziare la riduzione d el l’imposta sul reddito delle società promessa in campagna elettorale e creare incentivi per favorire il consumo di beni made in Usa. Passare da una tassazione basata sulla produzione a un sistema basato sulla destinazio­ne nella principale economia globale può avere un impatto gigantesco per le imprese in tutto il mondo, anche se la teoria economica suggerisce che la tassa sarebbe interament­e compensata da un apprezzame­nto del dollaro equivalent­e.

Quali sono le conseguenz­e per le imprese europee e italiane? La tassa di frontiera potrebbe obbligare le aziende con interessi in America a ridurre i costi per rimanere competitiv­e e a cercare fornitori locali per servire il mercato nordameric­ano. Questo potrebbe comportare alcuni vantaggi a livello globale, tra cui una maggiore attenzione all'ambiente, e ridurre alcuni costi come l’energia – più economica negli Stati Uniti. Ma l’utilizzo di risorse locale si scontra con limiti di vario genere, come la disponibil­ità di materie prime (non solo gas o petrolio), di lavoratori (il tasso di disoccupaz­ione è al 4,7 per cento negli Usa oggi) e di know-how che entra nella produzione di beni e servizi. E in più rischia di danneggiar­e la produzione in Europa.

2) Ttip Out; nuove Tariffe In: il “piano B” del protezioni­smo

C'erano una volta, nel lontano 2016, i negoziati per ridurre le barriere regola- rebbe un aumento comparabil­e sui prodotti americani e si tradurrebb­e in un rincaro dei prezzi per noi consumator­i. Questa non è una lotta tra pari: una guerra commercial­e danneggere­bbe maggiormen­te gli esportator­i europei. L’Ue vanta un surplus di circa 100 miliardi di euro sul commercio dei beni con gli Stati Uniti, con un export che si compone per l’11 per cento di prodotti agricoli e 88 per cento di manifattur­iero.

3) L’abbassamen­to dell’imposta sul reddito delle società

Chi è Tassa di frontiera

Le imprese con interessi in America dovranno ridurre i costi per compensare

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