Il Fatto Quotidiano

Ruggeri riunisce i Decibel: “Siamo ancora i nobili del rock”

In tour con l’album “Noblesse oblige”: “Negli anni 70 i dischi si suonavano davvero, senza computer”

- » STEFANO MANNUCCI

Un mattino d’i nverno del 1979 Enrico Ruggeri accende la tv. “E vedo la faccia del mio tabaccaio. Sotto casa avevano appena ucciso il giudice Alessandri­ni. In quegli anni violenti a Milano bastava girare per strada con un album di Bowie sotto il braccio per essere etichettat­o di destra. Molti di noi furono salvati dalla musica”. Nascondend­osi magari nelle cantine: “Noi provavamo in un magazzino di pellami. Venivano cinque amici a sentirti, c’erano i cartoni delle uova sulle pareti per attutire i suoni. Le cantine erano dei batteristi, con i quali non abbiamo mai avuto un buon rapporto, perché erano gli anni del progressiv­e e volevano fare i virtuosi. Uno lo scaricammo all’autogrill in un viaggio. A noi servivano essenziali, eravamo bestie punk e new wave”.

QUEL “NOI” nasconde i Decibel, nati al liceo Berchet intorno al fatidico ’77: oggi Ruggeri ha richiamato attorno a sé gli ex compagni di scuola, Silvio Capeccia e Fulvio Muzio, per una reunion nata quasi per caso a Londra. “Eravamo andati da carbonari a omaggiare gli Sparks dal vivo al Barbican, il quarantenn­ale di un loro storico Lp, e ci siamo ritrovati in piena atmosfera anni Settanta”. Cioè quando “i dischi si suonavano davvero, senza grooveo campioname­nti, e per fare concerti dovevi provare e farti il mazzo. Roba che ora, con il virtuale che domina, sembra lunare”. Lì è nata la sfida di ritrovarsi, perché “i gruppi rock italiani si dividevano in due fronti: quelli che suonavano come il primo album dei Decibel e quelli come il secondo”. Spaccarono la scena nazionale, e ora tornano con una provocazio­ne da vecchi magnifici rompicogli­oni. Una tournée in corso, e un album,

I ragazzini ascoltano 200 canzoni al giorno e sarà impossibil­e che la loro memoria trattenga fra 20 anni cose fondamenta­li

“Noblesse Oblige”, che non suona come un progetto di Ruggeri mascherato, bensì come il ritorno di una band decisiva, almeno nel nostro Paese. Tra gli inediti si fanno largo rilucidatu­re di vecchie perle, come l’epocale “C on t es s a”. Rivela Ruggeri: "Marina Ripa di Meana? Di sicuro era dedicata a qualche dama che mi turbava. Ma si sparse la voce fosse ispirata a Renato Zero, e con una mossa alla Malcolm McLaren non facemmo nulla per smentire. I sorcini si aggiunsero alle schiere di quanti ci insultavan­o come traditori della scena alternativ­a per aver partecipat­o a Sanremo ’80. Dopo il Festival andammo ad ascoltare i Ramones al Palalido e in quattromil­a ci urlarono ‘Decibel figli di puttana’. Mi ritrovavo scritte minacciose davanti al portone”. Però all’Ariston, dove arrivarono terzi dopo Cutugno e Malepasso, i no- stri si guadagnaro­no l’ammirazion­e di Keith Emerson. “Si accompagna­va a una cantante che non ebbe fortuna, Linda Lee. Ascoltò le prove di ‘Contessa’ e ci fece i compliment­i, giudicando­la ‘inusuale’. Un bel premio per il nostro coraggio di essere a Sanremo in mezzo a gruppi come i Collage o il Giardino dei Semplici, tutti belli cotonati, mentre Johnny Rotten incendiava il Tamigi. La nostra ‘sventura’ fu che gli Skiantos, che si candidaron­o anche loro alla competizio­ne, furono scartati, e poterono così continuare la loro storia di duri e puri. Noi rimanemmo con il cerino in mano. Oggi nessuno ha da ridire se in Riviera trovi Afterhours o Marta sui Tubi”.

MA COMEspiega­re agli adolescent­i cosa significas­se la musica quarant’anni fa? “D ovremmo raccontare di un tempo in cui, qualunque genere ti piacesse, avevi a disposizio­ne i numeri uno. I Led Zeppelin per i rockettari, gli Eagles per gli hippy, Frank Zappa per gli esigenti, Dylan per chi amava i cantautori. Quelli della disco ci sembravano cazzoni, ma che gigante Barry White. Era un tempo in cui passavamo una settimana a sentire un solo album, con la pelle d’oca, girando in continuazi­one la facciata sul piatto. Oggi i ragazzini ascoltano 200 canzoni al giorno su Spotify, e sarà costituzio­nalmente impossibil­e che la loro memoria trattenga fra 20 anni qualcosa di fondamenta­le”. Su “Noblesse Oblige” c’è anche un brano, “Cantante Triste”, impietoso ritratto della megalomani­a dei divi pop nostrani. Ma Ruggeri non fa nomi: “Ce ne sono così tanti che si gloriano di riempire i palazzetti o di passare più degli altri in radio, come fosse l’unico scopo per far musica. Sarà per questo che non ho molti amici tra i colleghi...”, ride.

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Ansa A Sanremo Ruggeri è salito sul palco dell’Ariston più volte, con i Decibel e da solista

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