Anche pediatri in piazza con i genitori che non vogliono vaccinare i figli
CHIEDONO DI DECIDERE loro e non lo Stato. Sono le associazioni e le famiglie che ieri pomeriggio si sono riunite a Montecitorio per protestare contro l'accordo Stato, Regioni e Province autonome, raggiunto lo scorso gennaio, per aumentare le vaccinazioni obbligatorie. L’intesa prevede infatti che per essere ammessi nelle scuole i bambini dovranno essere necessariamente vaccinati, come già accade in molte Regioni a partire dall’Emilia-Romagna. In piazza c’erano Comilva, Coordinamento per la libertà delle vaccinazioni, Condav, in difesa dei danneggiati da vaccini, il “Gruppo genitori per la vita” e molti altri, per dire no al Piano nazionale Vaccini del biennio 2017-2019, che nel 2015 Vittorio Demicheli, epidemiologo ed ex direttore generale della Sanità in Piemonte, denunciò essere molto simile al “calendario della vita stilato dalle case farmaceutiche”. La misura è stata giustificata dal calo delle vaccinazioni, sotto la soglia minima prevista dall'Organizzazione mondiale della Sanità, pari al 95% della popolazione. I genitori che protestavano, circa duecento, chiedono un'informazione completa, da parte dello Stato e dei singoli specialisti, che li porti ad una decisione consapevole per i loro figli. Non vogliono essere vittime del presunto legame tra i medici e le case farmaceutiche e di una logica di risparmio del Servizio sanitario nazionale.
Il dottor Massimo Pietrangeli, pediatra e membro dell'Assis (Associazione di studi e informazione sulla salute) si domanda “perché dovremmo sottoporre dei bambini a vaccinazione antidifterica o antipoliomelitica quando siamo stati dichiarati ‘liberi’ dall'una e dall'altra patologia e perché a due mesi di vita dovremmo adottare una misura preventiva contro l'epatite B, che si può contrarre sessualmente?” Aggiunge: “Parlare di ‘epidemia’ significa fare allarmismo. Sebbene i vaccini siano uno strumento ‘utile’ ricordiamoci che un soggetto vaccinato aumenta la possibilità di diffondere la malattia perché può conservare il batterio fino a 28 giorni dopo la somministrazione”. Spiega infine un fatto poco noto: “L’utilizzo di virus attenuati, previsti ad esempio per il vaccino del morbillo, vengono testati su cellule umane, di feti abortiti, o di origine animale: questo, come la presenza accertata di metalli, non rende affatto sicuri molti dei vaccini che si somministrano”. Alle domande sulle soglie dell'Oms, risponde semplicemente che in paesi in cui la copertura si attesta in- torno al 77% non si registra alcuna epidemia.
Dal palco tuttavia si lamenta una scarsa partecipazione della classe medica e prende la parola persino una donna ecuadoregna: “Non posso avere un altro figlio perché se non vaccino il primo il Tribunale dei minori mi denuncia. Volete questo?” Patrizia Filippi, presidente dell'associazione “Vaccinare informati” del Trentino Alto Adige, regione con il più alto tasso di estensione, è in piazza perché “non vuole che lo Stato si sostituisca al suo essere genitore”. La sua associazione chiede una “personalizzazione del vaccino, guardando ad ogni caso”. E anche lei ha delle domande: “Perché per fare il vaccino del meningococco è necessario aver fatto prima tutti gli altri? Perché domina la logica del tutto o niente e non la libera scelta?” .