Vitalizi, furbata Pd: restano col taglietto triennale ai “ricchi”
Alla CameraBocciata la proposta M5s per estendere agli onorevoli la Fornero, ma arriva la sforbiciata del 10% sopra i 70mila euro l’anno
Furbate politiche e spintoni rugbistici. In una giornata di insulti e ripicche, il Pd taglia (poco) i super vitalizi degli ex deputati, mentre conserva i privilegi degli onorevoli in carica. I 5Stelle vanno in trance agonistica: prima l’invasione dei deputati negli uffici della presidente Boldrini, dove si votavano i provvedimenti. Poi la protesta in Aula, durante il question time (con tanto di sospensione della diretta Rai) e i cartelli a favore di telecamere e smartphone: #sitengonoilprivilegio. Infine il sit-in in piazza Montecitorio, con Di Battista e Di Maio ad arringare la folla, e quest’ultimo che proclama: “Il 16 settembre, quando scatteranno le pensioni dei parlamentari, sarà proclamata ufficialmente la fine dei partiti politici”.
PARTIAMO dall’epilogo: il Pd ha presentato una delibera in Ufficio di presidenza, a firma Marina Sereni, per intervenire una tantumsui vitalizi d’oro degli ex deputati. La proposta – approvata all’unanimità, esclusi i componenti M5S – prevede un contributo di solidarietà che scatterà il primo maggio e durerà per tre anni. Riguarda gli assegni degli ex onorevoli che superano i 70 mila euro l’anno. Il prelievo sarà del 10% per i vitalizi da 70mila a 80mila euro, del 20% da 80mila a 90mila euro, del 30% da 90mila a 100 mila euro e del 40% per quelli superiori ai 100mila euro annui. Attenzione: la percentuale non si applica all’intero importo dell’assegno, ma solo alla parte eccedente. Per capirci: se un ex deputato guadagna 75mila euro l’anno, saranno tassati solo i 5mila euro che superano la soglia (quindi il 10% di 5mila: 500 euro l’anno). Il risparmio sarà di circa 2,4 milioni di euro l’anno, l’1,7% della spesa complessiva per i vitalizi degli ex deputati (139 milioni).
Il Movimento 5 Stelle è furioso. Considera la delibera Sereni “un blitz”: l’ufficio di presidenza si era riunito sull’impulso di una proposta presentata a fine febbraio da Luigi Di Maio. La quale, in estrema sintesi, avrebbe equiparato lo status previdenziale dei deputati in carica a quello dei cittadini comuni dopo la riforma Fornero. Gli onorevoli sono sottoposti al regime contributivo già dal 2012, ma conservano alcuni privilegi difficili da giustificare: basta un solo mandato in Parlamento per andare in pensione a 65 anni con 5 anni di contributi, due mandati per andarci addirittura a 60 anni. Senza contare che a un lavoratore normale si applica un tetto massimo di 100 mila euro di base imponibile: il reddito oltre quella cifra non contribuisce ad accumulare la pensione. Per i parlamentari non è così.
Così il 16 settembre – allo scadere dei 4 anni, 6 mesi e un giorno di legislatura – deputati e senatori al primo mandato (il 69,5% alla Camera e il 60,6% a Palazzo Madama) matureranno il diritto alla pensione: se fosse stata approvata la delibera dei 5Stelle questo privilegio non sarebbe scattato. Un argomento sensibile, e molto, anche per Matteo Renzi, che aveva detto la sua nel famoso sms inviato in diretta a Gianni Floris durante la puntata di Di
Martedì del 31 gennaio: “Per me votare nel 2017 o nel 2018 è lo stesso, ma sarebbe grave far scattare i vitalizi a settembre, perché sarebbe molto ingiusto verso i cittadini. Sarebbe assurdo”.
IERI MATTINA il Pd si trovava in una situazione imbarazzante: non poteva votare la proposta Di Maio, lasciando che i 5Stelle si prendessero il merito del provvedimento “anti Casta”, ma non poteva nemmeno bocciarla senza colpo ferire. Il coniglio dal cilindro è la delibera Sereni, con cui i dem hanno potuto intestarsi il pur minimo taglio dei vitalizi. Il Movimento denuncia la distanza tra il racconto e la sostanza dei fatti: “Non solo restano invariati i privilegi di chi è in carica – spiega Danilo Toninelli – ma in Ufficio di presidenza il Pd ha dichiarato inammissibile un nostro emendamento che riprendeva una
loro proposta di legge, quella di Matteo Richetti”. Un testo congelato in Parlamento da oltre due anni, che prevederebbe il ricalcolo di tutti i vitalizi con il sistema contributivo, incidendo in modo molto più profondo sugli assegni degli ex onorevoli.
UNA VOLTA CAPITO “l’inganno”, i deputati grillini si sono radunati fuori dagli uffici della presidenza della Camera dove si stavano per decidere i provvedimenti. Ad alzare la tensione anche uno scambio di cortesie con Roberto Giachetti (Pd), che li ha definiti “fascistelli” sulle scale di Montecitorio. Poi, al momento del voto, l’invasione: una decina di 5Stelle scattano verso la sala della riunione, forzando il blocco dei commessi di Montecitorio tra dribbling e spintoni. Il più scatenato, Massimo De Rosa, riesce ad arrivare fino all’auletta. Urlano “vergogna”, restano qualche minuto nell’anticamera della presidenza, poi vengono allontanati alla spicciolata. Il bilancio diffuso da Montecitorio – un po’ allarmistico – parla di due commessi in infermeria, mentre le eventuali sanzioni per gli invasori saranno valutate dall’Ufficio di presidenza del 30 marzo. Laura Boldrini ha definito “ina ccett abile ” il comportamento aggressivo e minaccioso dei 5 Stelle. Grillo, sul blog, ha replicato che “dovrebbe chiedere scusa in ginocchio”.
Quel 60% di peones Ieri è stato “tutelato” chi è al primo giro: così avrà diritto all’assegno a partire da settembre Il 16 settembre sarà proclamata la fine dei partiti politici
LUIGI DI MAIO Aggressività, minacce, e intimidazioni di M5S sono inaccettabili
LAURA BOLDRINI