L’Anm contro il salvataggio di Minzo
Dura nota sulle dichiarazioni dei politici: grave attacco alla giurisdizione
Le
motivazioni dei senatori che hanno votato contro la decadenza di Augusto Minzolini (condannato a due anni e mezzo per peculato e ad altrettanti anni di interdizione dai pubblici uffici) sono finiti sotto accusa della Giunta dell’Associazione nazionale magistrati che ha definito alcune dichiarazioni “inaccettabili”. Stessa cosa è accaduta al plenum del Csm, dove, però, alcuni consiglieri hanno attaccato la legge Severino che, come ormai è noto, prevede la decadenza di un parlamentare se condannato a oltre due anni per alcuni reati (eccetto per quelli a cui i colleghi lanciano una ciambella di salvataggio come è accaduto per l’ex direttore del Tg1).
PUR NON VOLENDO entrare nel merito (perché “l’associazione non può interferire in un dibattito politico”, spiegano), letta la rassegna stampa sulla decadenza di Minzolini, la Giunta dell’Anm critica nettamente le argomentazioni dei “salvatori” del fu Direttorissimo.
In particolare, si legge in una nota, le dichiarazioni “che insinuano la parzialità di un componente di uno dei collegi giudicanti (Giannicola Sinisi, giudice d’appello e tanti anni fa parlamentare del centrosinistra, ndr) sulla base di una presunta ostilità politica che avrebbe determinato la sentenza di condanna, fino a ipotizzare addirittura il sospetto di una persecuzione politica”. Sono dichiarazioni, prosegue l’Anm, che “costituiscono un grave attacco alla giurisdizione e ne minano la credibilità agli occhi dei cittadini.
Lascia poi sbigottiti l’aver evocato, a paragone, la tragica situazione turca, attraverso un parallelismo inopportuno e fuori luogo, che offende i magistrati italiani e svilisce la gravità delle vicende turche” (leggi Pietro Ichino, senatore Pd, ndr).
L’Anm, infine, “rigetta ogni tentativo di offuscare l’i mparzialità dei magistrati, principio costituzionale a difesa del quale continuerà sempre a svolgere la propria azione, auspicando che chiunque eserciti funzioni pubbliche abbia a cuore gli stessi principi”.
Il caso Minzolini è entrato, in maniera non prevista, anche nel dibattito del plenum del Csm grazie a un intervento del consigliere Piergiorgio Morosini, togato di Area (sinistra). “Penso che lo Stato di diritto non possa permettersi che addirittura sentenze definitive vengano bollate come frutto di un fumus persecutionis al termine dei tre gradi di giudizio” e la vicenda è ancora più grave perché accaduta “in una discussione pubblica di un organo costituzionale”.
Entra nel merito Valerio Fracassi, anche lui togato di Area: “Resta poco compren- sibile, dopo tre gradi di giudizio, come si possa vanificare un accertamento giurisdizionale, soprattutto considerato che in sede processuale nessuno ha sollevato eccezioni”.
A favore del Senato, invece, i laici di centrodestra Elisabetta Casellati, Antonio Leone e Pierantonio Zanettin. Casellati ha pure messo in discussione la Severino: poiché Silvio Berlusconi (senza nominarlo) è decaduto al contrario di Minzolini, “vuol dire che c’è un problema di giustizia e noi ce lo dobbiamo porre. Diversamente la legge non è uguale per tutti”.
Muti come pesci i laici di centrosinistra.
Csm spaccato Scontro in Consiglio tra laici di centrodestra e i togati di Area (sinistra). Silenzio dal centrosinistra