Il procuratore Lo Voi contro Di Matteo: vuole ritardare il trasferimento a Roma
Pm della Trattativa “bacchettato” dal capo in un’email ai colleghi
Appena
promosso alla Dna, il pm Nino Di Matteo è pronto a lasciare Palermo, ma il procuratore Francesco Lo Voi gli riserva una doppia sorpresa: prima lo bacchetta in una email inviata a tutti i sostituti, poi chiede al Ministero della Giustizia di trattenerlo n e ll ’ ufficio siciliano per il massimo periodo consentito. Se l’istanza di “po st ic ip at o possesso” fosse accolta, il pm dovrebbe rinviare di sei mesi il suo trasferimento a Roma.
LO VOI, in pratica, vuole tenersi Di Matteo a Palermo: continuando ad affibbiargli i tanti procedimenti ordinari (che per legge devono essergli assegnati poichè non fa più parte della Dda), ma permettendogli nello stesso tempo di seguire il processo Trattativa, come ha sempre detto di voler fare, senza dover ricorrere a quell’ “applicazione” che il pm sperava di ottenere dopo il passaggio a Roma.
La richiesta di “post possesso” è stata comunicata al diretto interessato ieri a poche ore dall’arrivo sul suo pc della mail, dal titolo “Solidarietà”, spedita dal procurato- re a tutti i sostituti dell’ufficio palermitano. Nella lettera, Lo Voi puntualizza che le inchieste sono tutte importanti, che la “notorietà effimera” provocata da alcuni processi “non è un valore”, e che dunque non esistono magistrati di serie A e di serie B.
Il riferimento, chiarissimo, è proprio alle parole che Di Matteo, nei giorni scorsi, aveva pronunciato nel suo addio alla procura di Palermo venato di polemica: “Qui non potevo più restare. Per una precisa scelta del procuratore, non ho potuto dedicarmi a tempo pieno alle indagini antimafia. Non potevo conciliare il difficile processo sulla Trattativa con la massa dei procedimenti per truffe, furti e piccoli reati”.
La replica di Lo Voi brucia come uno schiaffo: “Qualche recente esternazione – ha scritto nella mail –potrebbe avere ingenerato l’opinione che chi si occupa di reati minori (furti, rapine, truffe) o di indagini che non assurgono agli onori della cronaca, svolga un lavoro poco qualificante. Questo non è il mio pensiero”.
SENZA MAI citarlo per nome, insomma, il procuratore allude a Di Matteo – il pm che Totò Riina nel carcere di Opera ha annunciato di voler far saltare in aria “peggio di Falcone” – come ad una star dell’antimafia vogliosa di visibilità. Ma a Palermo, ammonisce Lo Voi, “è indispensabile perseguire tutti gli illeciti: non solo quelli che danno notorietà (che non considero un valore ed è per altro effimera), ma anche quelli che rispondono alle quotidiane esigenze di giusti- zia”. Chiudendo la lettera, infine, il capo dell’ufficio esprime “solidarietà a coloro che si occupano di furti, rapine, truffe, illeciti edilizi... vi chiedo di mantenere il vostro impegno quotidiano per far funzionare la macchina”.
Nessuna controreplica da parte di Di Matteo che nelle interviste dei giorni scorsi lamentava il suo mancato rientro nella Dda dopo che nell’ottobre 2015, al termine del periodo di “congelamento” di cinque anni, la sua domanda fu bocciata per un cavillo: era stata presentata poco prima della scadenza formale. Ieri, dopo aver saputo della possibilità di uno stop – sia pure temporaneo – alla Dna, il pm si è limitato a dichiarare: “Ho già detto tutto. Non ho nulla da aggiungere”.