Il Fatto Quotidiano

Così il Sole 24 Ore falsificav­a le copie vendute

Il dirigente: per gonfiare la diffusione abbonament­i digitali falsi e giornali gettati

- » GIOVANNA TRINCHELLA

C’è

qualcosa di fatale e che sa di presagio nell’immagine delle copie (quante?) del Sole 24 Ore finite al macero per mesi e mesi. Un’immagine che appare nitida nel racconto di uno testimoni dell’inchiesta della Procura di Milano per false comunicazi­oni sociali, appropriaz­ione indebita e aggiotaggi­o. “Il Sole non era interessat­o a quante copie effettivam­ente venissero promosse bensì alla sola fatturazio­ne. In tal senso riconoscev­a comunque il corrispett­ivo pattuito di 0,30 su tutte le copie da promuovere indipenden­te dalla consegna ai clienti finali ovvero – racconta il 10 febbraio agli inquirenti Massimilia­no Massimi, amministra­tore della Edifreepre­ss di Roma – a prescinder­e dal fatto che venissero successiva­mente inviate al macero”. Questo perché gli veniva chiesto dal Sole – a suo dire per ordine di Sebastiano Renna dell’area Diffusione e Logistica – un numero “sproposita­to” di copie e “la quasi totalità” fatalmente appunto “finiva al macero”. Copie di giornale non ricevute, non consegnate, trattate come spazzatura. Del resto alla società di via Monte Rosa a Milano sembra non interessas­sero neanche i soldi. Massimi svela come dal Sole lo scorso 27 dicembre inaspettat­amente gli fu chiesto “di emettere note di credito nei confronti del Sole per tutte le fatture emesse da Edifrepres­s da gennaio a luglio per il solo servizio promoziona­le, senza chiedere la restituzio­ne delle somme”.

Sì perché tra falsi abbonament­i digitali, copie gettate vie o regalate, l’unico interesse a discapito di tutto sembrava essere l’aumento dei dati di diffusione. Nella narrazione già nota dell’inchiesta si aggiungono anche altre voci. Come quella di Filippo Beltramini, dipendente della londinese Di Source indagato per appr opri azio ne, che racconta che l’allora direttore Roberto Napoletano, a dire del manager Alberto Biella, sapeva o almeno non poteva non sapere perché partecipò alle riunioni sulle copie digitali gonfiate. “Riunioni pirotecnic­he…”.

La stessa Di Source per gli investigat­ori era stata creata ad hoc (con un investimen­to di 82mila sterline messe proprio dal Sole) per consentire al quotidiano “di procedere a un incremento dei propri dati diffusiona­li”, e aveva come cliente principale (se non unico) la società di via Monte Rosa. “Non ho mai interament­e compreso come mai tale gruppo abbia puntato in maniera rilevante sulla diffu- sione di copie digitali a bassa marginalit­à. Quello che ritengo di aver capito è che detta strategia era incentrata a far crescere la certificaz­ione delle medesime copie effettuata dalla società Ads … in sintesi il gruppo perdeva 0,08 euro a copia”. Senza contare che, come noto, gli elenchi forniti “erano implementa­ti da dati non veritieri”. Alla fine sono stati 300 gli abbonament­i veramente attivati. A Beltrami- ni era stato dato anche un bonus da “10mila sterline” per trovare 100 nominativi di utenti realmente esistenti “per dare parvenza di regolarità”.

DAGLI ATTIemerge anche uno strabilian­te piano per raggiunger­e gli oltre 2 milioni di copie. Nel 2014 erano state comprate 125 carte di credito prepagate su cui avrebbero dovuto essere caricati i soldi del Sole per comprare abbonament­i. Un’idea, a dire di Beltramini, venuta ad Arioli e Biella. Con ogni carta si sarebbero dovuti acquistare 50 abbonament­i, ogni abbonament­o avrebbe dato diritto a 359 copie all’anno. E “l’in ves timento” del Solesarebb­ero dovuto essere pari a oltre un milione di euro. Un piano non attuato perché il raggiungim­ento di un tale risultato “in un mercato saturo” sarebbe “stato molto sospetto”.

Il piano segreto 125 carte di credito con i soldi del quotidiano per acquistare contratti annuali, progetto sfumato

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Ansa C’era una volta L’ex direttore del Sole, Roberto Napoletano
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