Eni, il complotto e il mistero delle voci su Renzi & Mossad
Nelle carte dell’inchiesta archiviata a Milano l’ex manager Armanna dice: “Mi offrirono 2 milioni per diffondere notizie false sui finanziamenti dei servizi segreti israeliani”
C’è un punto sospeso, nell’inchiesta della Procura di Milano che ha archiviato i due ex consiglieri Eni, Luigi Zingales e Karina Litvak, dall’accusa di diffamazione per colpire l’ad Claudio Descalzi. E non riguarda Litvak e Zingales. Riguarda un dubbio politicamente gravissimo che l’inchiesta milanese - partorita a Trani e transitata a Siracusa - non ha sciolto: è vero o no che qualcuno intendeva delegittimare l’ex presidente del Consiglio, Matteo Ren zi, accusandolo “fa lsamente” di aver ricevuto finanziamenti dal Mossad? È possibile che una simile accusa possa restare sospesa? Se fosse vera, sarebbe gravissimo. Se fosse stata pianificata a tavolino, lo sarebbe altrettanto. Il Fatto - che s’è occupato di questa vicenda la scorsa estate - oggi è in grado di rivelare un verbale d’interrogatorio che non può essere sottovalutato. O queste dichiarazioni sono vere, oppure sono false. O sono opera di un mitomane, oppure meritano di essere approfondite.
A PARLARE è Vincenzo Armanna, già rinviato a giudizio per la maxi tangente che Eni, sempre secondo la procura di Milano, avrebbe pagato ai nigeriani per il giacimento Opl 245. In questa richiesta di archiviazione, il pm Fabio De Pasquale - dopo aver ricordato che Armanna, nel fascicolo sulla Nigeria “ha tenuto un atteggiamento collaborativo, rivelando... dettagli relativi alla distribuzione delle commissioni” - precisa: “Le dichiarazioni di Armanna, in ordine a offerte di denaro da parte dell’imprenditore nigeriano Kase Lawal, per rilasciare interviste contro Descalzi, potrebbero avere una base di verità...”. Insufficiente, aggiunge, per dar fondamento alle accuse anonime pervenute a Trani e Siracusa. Quel che inquieta, però, è che le verosimili offerte di denaro di Lawal ad Armanna, riguardavano anche altro. E potevano rovesciare un governo.
Siamo nel 2014. L’obiettivo è conquistare Eni: “Lawal - continua Armanna - mi disse che sarebbero riusciti a far diventare Vergine (Uberto, anch’egli archiviato, ndr) Ceo di Eni anche a costo di far cadere Renzi, per pilotare le nomine più importanti e la vendita di importanti aziende di Stato”. E aggiunge: “Ridendo mi disse che sarebbe stato accusato di ricevere finanziamenti da Israele e che sarebbe stato messo sotto impeachment...”. In cambio di una sua collabo- razione, sostiene Armanna, Lawal gli avrebbe proposto 2 milioni di euro. “Mi propose... di assecondare interviste che avrebbero danneggiato Descalzi, protetto Paolo Scaroni e favorito così Vergine...”. Ma non solo.
“MI PROPOSE di contribuire a diffondere l'informazione, falsa, sul finanziamento da parte dell'intelligence israeliana delle campagne elettorali di Renzi. Appena la prima testata giornalistica nazionale ne parlava, avrebbero fatto in modo di attivare il Copasir per aprire un'inchiesta. Fui sorpreso dal nome di Scaroni, ma mi fu detto che, per lo stesso Scaroni, Vergine era un ottimo candidato e che il rapporto era solido perché basato su amicizie incrociate”. Quali? “Gabriele Volpi, Giovanni Mahler, nonché esponenti di FI legati alla moglie di Vergine e persone legate a Massimo d'Alema”. Non è l'unica volta in cui Armanna – e ancora una volta in maniera sibillina - cita D’Alema.
“Lawal disse che insieme agli altri complici avrebbero messo in grande difficoltà Renzi divulgando la notizia, infondata, che i finanziamenti delle fondazioni lo che soste- nevano provenivano dai servizi segreti israeliani. Ritengo credibile questo progetto perché sono a conoscenza che diversi organismi di stampa furono attivati per divulgare queste false e diffamanti dichiarazioni”. Dice il vero? E chi sono i complici? “Il disegno - continua Armanna - consisteva nel mettere in grande difficoltà Renzi, utilizzando politici dell'opposizione, in particolare 5Stelle, che avrebbero fatto interrogazioni parlamentari, che sa- rebbero poi state riprese da alcune testate giornalistiche, come ad esempio Il Fatto Quotidiano , e poi sarebbero pervenute al Copasir, che avrebbe aperto un'indagine...”. Il Fatto fu messo su questa pista da un’autorevole fonte che voleva restare anonima. Non trovando riscontri, quella notizia non fu mai pubblicata.
“LA NOTIZIA - continua Armanna - sarebbe stata credibile, in quanto i principali imprenditori fiorentini sono di religione ebraica. Il finanziamento del Mossad, sarebbe stato verosimile”. E poi aggiunge: “Ricordo la frase di d'Alema, riportata su alcuni giornali, che indicava Renzi come un uomo del Mossad”. Frase pubblicata dal Corriere che D’Alema non ha smentito per mesi. Salvo precisare, intervistato dalla Gazzetta del Mezzogiorno: “Mai detto che Renzi è una spia del Mossad. Che abbia un rapporto speciale con Netanyahu è notorio. Ma è un fatto politico, non spionistico”. Ancor più politico oggi, leggendo quel che sostiene Armanna, quel che “potrebbe avere un fondamento di verità”. A patto che qualcuno voglia cercarla.
L’ombra di Israele
Il piano: sollevare il caso in Parlamento e sui giornali. D’Alema lo evocò sul “Corriere”