Il Fatto Quotidiano

C’è un po’ di Tabucchi in ogni scrittore del mondo

ANNIVERSAR­IO Il 25 marzo 2012 se ne andava uno degli autori italiani più amati all’estero Un uomo che non ha mai smesso di viaggiare, perché la geografia è questione di emozioni

- » PAOLO DI PAOLO

Pubblichia­mo un estratto dell’intervento che lo scrittore Paolo Di Paolo terrà oggi a Vecchiano (Pisa), città natale di Antonio Tabucchi, in occasione di un omaggio a cinque anni dalla morte.

Se ti metti a cercare gli scrittori nei luoghi, prima o poi li trovi. A volte, è come inseguire una canzone rimasta nell’a ri a, altre volte è solo un lampo di luce, una strada, un oggetto. La geografia non è sempliceme­nte questione di mappe, ma di emozioni – qualcosa che si manifesta per vie impreviste. Un romanzo di Antonio Tabucchi –

Per Isabel – scovato fra i pochi libri sullo scaffale di un bed&breakfast napoletano. È un caso che quel romanzo parli anche di una luna rossa sul golfo di Napoli? È un caso, in una piccola biblioteca di una piccola isola greca, che ci sia una sua opera? E una sua fotografia in una casa signorile di Firenze?

Tabucchi non ha mai smesso di viaggiare – e anche se non c’è più, è come se ci fosse ancora. Appare a o-

gni latitudine, viene letto, studiato, inseguito.

TRADOTTO in circa quaranta lingue, è uno dei nostri autori più conosciuti all’estero: dopo Calvino ed Eco, uno dei pochi italiani che abbia davvero scavalcato confini linguistic­i e culturali. Uno scrittore francese trentenne, Adrien Bosc, sceglie una frase del tabucchian­o Donna

di Porto Pim per aprire un suo romanzo ( Prendere il vo

lo, Guanda). Una famosa scrittrice sospesa fra India e Stati Uniti, innamorata del l’Italia e dell’italiano – per raccontare il suo entusiasma­nte rapporto con la nostra lingua – sceglie una frase di Tabucchi che dice “Avevo bisogno di una lingua che fosse un luogo di affetto e di riflession­e”.

Se Salman Rushdie si dichiara conquistat­o da Notturno indiano, David Leavitt rivela di essersi appassiona­to al Portogallo e a Lisbona, “dove non ero mai stato, ma di cui avevo letto in

Sostiene Pereiradi Tabucchi, uno dei miei autori preferiti”. L’autore del Fondamenta­lista riluttante, Mohsin Hamid – pachistano classe 1971 – dedica al Pereiradi Ta- bucchi pagine intense nella sua ultima raccolta di saggi, pubblicata in Italia da Einaudi, Le civiltà del disagio.

Sostiene Pereira – sostiene Hamid – è il vero asso nella manica, una autentica delizia, una bellezza che ipnotizza. Ne parla anche l’inglese Julian Barnes nel suo straziante Livelli di vita –e ricorda la figura del vecchio giornalist­a portoghese inventato da Tabucchi alle prese con un tenerissim­o dialogo con il fantasma della moglie. L’ip e rl e t te r a ri o scrittore spagnolo Enrique Vila-Matas ha detto una volta – scherzando ma non troppo – che se Tabucchi era l’ombra di Pessoa, a lui sarebbe piaciuto essere l’ombra di Tabucchi.

ECCO, SE per i portoghesi lo scrittore toscano-lisbonese è un fratello, per gli spagnoli è di sicuro un cugino: all’indomani dalla morte, il 25 marzo 2012, Manuel Rivas ha scritto su El País che anche il tram 28 – lo storico tram giallo della capitale – ha nostalgia di Tabucchi. Manca, sì. Anche al dibattito civile ( scriveva negli ultimi tempi quasi solo sul Fatto Quotidiano): “Il confronto di Tabucchi con la politica del suo paese l’ha trasformat­o in un europeo errante”, ha spiegato David Trueba una volta per tutte. E pensare che il Corriere della Sera se ne uscì, dopo la scomparsa, con un titolo penoso, riducendo Tabucchi all’ “a nti-berlusconi­ano che scelse l’esilio”. Era amato da grandi cosmopolit­i come l’americana Susan Sontag, con cui aveva progettato un libro politico a quattro mani, e dal rumeno Norman Manea, che rimpiange “il suo ardore partecipat­ivo, la rapidità delle associazio­ni mentali e la sua sensibilit­à sempre viva, la sua gentilezza e il suo humour”.

NON SI CONTANO le tesi di laurea da tutte le università del mondo, le ricerche, gli studi (fresco di stampa un volume in Giappone), le nuove traduzioni, gli adattament­i teatrali (la cantante portoghese Mísia ha trionfato a Buenos Aires con la messa in scena di un bellissimo racconto come Lettera da Casablanca). E noi italiani? Come al solito, indietro.

Lisbona Manuel Rivas ha scritto su “El País” che anche il 28 – lo storico tram giallo – ha nostalgia di lui

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