“Era un nomade forte di mille radici”
“Antonio andava al cuore della storia, senza perdersi a giudicare le variabili”
Quando mi rendo conto, e me ne rendo conto da vicino, nel corso di un’esperienza di servizio pubblico, che la politica sempre di più si configura come geometria bloccata, gioco di ruolo, fra autopromozione e ostruzionismo, mi manca Tabucchi.
Mi manca Tabucchi quando sento certi scrittori parlar d’altro o parlar cauto, attenti a non dispiacere tizio e caio, a non perdere piccoli spazi sui giornali o sulle riviste, a non mettere a repentaglio la loro reputazione, dicendo quello che pensano, senza filtri, senza mezze misure, senza furbizie.
Quando cerco un intellettuale che metta la propria intelligenza a disposizione della coscienza collettiva, rischiando, prendendosi tutti i rischi che la sua passione giudicante gli fa correre, mi manca Tabucchi.
MI MANCATabucchi quando mi monta la rabbia, e il senso di impotenza, quando mi pare che siano andate smarrite certe coordinate etiche, certi obblighi di coscienza, quel settimo senso che è il senso del dovere, dovere di testimoniare, di prendere posizione, di esercitare quel terzo occhio, più acuto più lungimirante, anche più severo, che gli scrittori dovrebbero conservare, nel loro bagaglio a mano, come un kit di sopravvivenza mentale, morale. Da mettere al servizio di chi arriva stanco la sera, e non ha la voglia o la forza di leggere o pensare.
Mi manca Tabucchi quando non so con chi parlare, anche se abbiamo parlato poco, io e lui, finché era in vita, non spesso, poco, ma ogni volta che abbiamo parlato me la ricordo.
Luoghi, sguardi, intonazioni.
Mi manca la sua passione che rimetteva in moto la mia.
Mi manca quella sua allegria disperata e disciplinata, la sua capacità di essere impulsivo, debordante, implacabile senza essere mai fazioso, partigiano, schierato.
Mi manca il suo modo di maneggiare la storia, facendo risaltare le costanti, senza perdersi a giudicare le variabili, andando sempre dritto al cuore delle cose.
L’eterno ritorno del male, l’inafferrabilità del bene, la precarietà del soggetto, la sua natura friabile, l’io senza cer- tezze, a identità variabile...
Quando penso alla libertà e a quanto sia difficile praticarla, perché tutti ne parlano ma pochi hanno il coraggio di muoversi da liberi, è molto più facile seguire il flusso, legarsi la carro, fiutare il trend... quando penso alla libertà, questo lusso per anime superiori, mi manca Tabucchi.
PERCHÉ CON IL SUO nomadismo forte di mille radici (nella letteratura, nella poesia, nel paesino toscano, nella lingua italiana, nella lingua portoghese), con la sua sedentarietà avventurosa, era il mio ossimoro preferito.
Era il mio modello.