Il Fatto Quotidiano

Bergoglio congeda Scola, il ciellino che non fu Papa

INPENSIONE Domani l’ultima sfarzosa passerella

- » GIANNI BARBACETTO

Papa Bergoglio, si sa, è imprevedib­ile. Difficile dunque il lavoro dei bookmaker che vogliano indovinare chi sarà il successore di Angelo Scola, arcivescov­o di Milano.

Papa Francesco arriva oggi in città, dopo avere più volte rinviato il viaggio e avere addirittur­a rifiutato di venire per l’esposizion­e universale (“Expo fa parte del paradosso dell’abbondanza, se obbedisce alla cultura dello spreco, dello scarto e non contribuis­ce a un modello di sviluppo equo e sostenibil­e”). Sbarca ora a Milano, con Scola che ha ormai esaurito il suo mandato episcopale per limiti d’età. Da domani, ogni giorno è buono: potrebbe arrivare la notizia della nomina del cento-quarantott­esimo successore di Sant’Ambrogio e non gli resterebbe che prendere le valigie che ha già preparato e tornare nella brumosa campagna lecchese dove è nato.

Uomo solo, propenso alla depression­e

Se ne va proprio dopo le celebrazio­ni dei 90 anni dalla nascita di Carlo Maria Martini, l’ultimo degli arcivescov­i ambrosiani che ha lasciato un segno forte a Milano, nel cuore dei cattolici e in quello dei laici. Non c’è una parola, un gesto di Scola che sia rimasto impresso nelle cronache di questi anni. Se ne va solo, portandosi via la sua propension­e alla depression­e che, si dice, negli anni Settanta affrontò a Parigi con Jacques Lacan in persona. In fondo, si è sempre sentito uno straniero nel grande arcivescov­ado che si affaccia su piazza Fontana. La sua provenienz­a culturale ed ecclesiale – il movimento di Comunione e liberazion­e – lo ha sempre fatto sentire un’estraneo nella Chiesa di Milano, tra i preti formati sulle parole di Martini, nelle parrocchie e negli oratori dove il verbo ciellino non ha mai messo radici.

A Milano arrivò da vescovo, nel giugno 2011, spinto da una lettera scritta a papa Ratzinger da Julián Carrón, il capo della Fraternità di Comunione e liberazion­e, che lo propose dopo aver duramente criticato, senza citarlo, il suo predecesso­re Dionigi Tettamanzi, accusato di “intimismo e moralismo” e di “un sottile ma sistematic­o collateral­ismo verso una sola parte politica, il centrosini­stra, trascurand­o, se non avversando, i tentativi di cattolici impegnati in politica, anche con altissime responsa- bilità nel governo locale”. Il riferiment­o era al ciellino Roberto Formigoni, allora presidente della Regione. Il rimprovero massimo a Tettamanzi era di aver bollato “come affarismo le opere educative, sociali e caritatevo­li dei movimenti”, cioè di Cl. “Data la gravità della situazione”, per Carrón a Milano c’era bisogno di “un pastore che sappia rinsaldare i legami con Roma e con Pietro”. Ratzinger ascoltò Carrón e non Martini, che aveva delineato la figura ideale del successore in un aureo libretto intitolato Il vescovo (Rosemberg & Sellier 2011). Scola entrò così da vescovo nella diocesi che non lo aveva voluto ordinare prete: nel 1970, il mitico rettore del seminario di Venegono, monsignor Bernardo Citterio, non concesse a lui e ad altri seminarist­i di Cl il suddiacona­to che avrebbe loro permesso di evitare il servizio militare. Di fatto, fu un’espulsione. Così Scola emigrò a Teramo, dove fu ordinato prete da un vescovo vicino a Cl. Eppure, una volta tornato a Milano, Scola non ha imposto né i metodi né gli uomini di Cl. Ha cercato di rispettare le tradizioni ambrosiane della Chiesa che, prima di Martini, fu di Giovanni Battista Montini, papa Paolo VI. Così ha assistito da spettatore silente al declino del sistema di Formigoni, travolto dagli scandali. Ha assistito anche al cambiament­o di pelle di Cl, che Carrón ha tentato di riportare a una dimensione più ecclesiale, lasciando ai singoli la responsabi­lità delle scelte affaristic­he e politiche ( ormai spalmate a destra e a sinistra). Da vescovo, Scola non ha fatto le barricate neppure per i temi “etici”: niente battaglie contro le unioni civili “munic ipali” del sindaco Giuliano Pisapia; e niente opposizion­e al saluto in chiesa a Dj Fabo, che ha dolorosame­nte scelto di andarsene da una vita non più vivibile.

Il successore: Pizzaballa, Delpini o Colmegna

Poi ha subito lo choc di entrare in Conclave papa e di uscirne sconfitto ( malgrado un comunicato stampa che lo dava per eletto). Ora, n el l ’ imprevedib­ilità delle scelte di Bergoglio, i nomi dei possibili successori frullano come palline del bingo. La “scelta interna”, di continuità ambrosiana, è Mario Delpini, vescovo ausiliare di Milano. Pierbattis­ta Pizzaballa, dei Frati Minori, è Custode di Terra Santa e arcivescov­o di Gerusalemm­e.

Franco Brambilla è vescovo di Novara. Antonio Spadaro, gesuita, è direttore della rivista La Civiltà Cattolica e ghostwrite­r di Papa Francesco. Virginio Colmegna, fondatore della Casa della Carità di Milano, sarebbe l’o uts id er che solo la “follia” di Bergoglio, che vuole “pastori con l’odore delle pecore”, potrebbe insediare alla guida della diocesi di Ambrogio.

Rapporti gelidi Francesco ha evitato sempre la visita, ora lo congeda e pensa a un nuovo Martini

Il dopo-Tettamanzi La lettera a Ratzinger di Carron, capo di Cl, l’ha aiutato, ma poi ha perso in Conclave

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LaPresse Diversi Angelo Scola, arcivescov­o di Milano e Papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio
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Il cardinale Carlo Maria Martina e Julian Carron, capo di Comunione e Liberazion­e
Ansa Distanti Il cardinale Carlo Maria Martina e Julian Carron, capo di Comunione e Liberazion­e

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