Le nuove “Rane” da Aristofane a Ficarra e Picone
TEATRO GRECODal 6 maggio al 9 luglio andranno in scena “I sette a Tebe”, “Le Fenicie” e “Le rane”. Tra i volti noti i comici Ficarra e Picone, nei panni di Xantia e Dioniso
Il teatro e la città. Potrebbe essere questo il titolo del 53° ciclo delle rappresentazioni classiche della Fondazione Inda che avrà inizio al Teatro Greco di Siracusa il prossimo 6 maggio. Lo era anche nell’Atene del V secolo a. C., un’epoca in cui il teatro e la città si fondevano naturalmente e senza distinzioni, e in cui alle voci degli attori che si esibivano sul quel palcoscenico di pietra era delegato il compito di segnare con la loro arte i veri confini della polis.
Non è un caso che Tebe, città-emblema di una difficile e fondativa difesa del valore della libertà e della democrazia, sia lo sfondo comune in cui si muovono i personaggi dei testi scelti quest’anno: I Sette a Tebe di Eschilo, Le Fenicie di Euripide e Le rane di Aristofane.
LE PRIME DUE, le tragedie, raccontano la medesima vicenda, ma ne offrono punti di vista differenti proponendo un confronto tra le diverse concezioni della drammaturgia di due tra i più grandi tragici: Eschilo e Euripide. Concezioni e visioni che costituiscono anche il nucleo nevralgico delle Rane di Aristofane, una commedia al cui centro c’è la contesa poetica e politica dei grandi commediografi Eschilo ed Euripide.
Quest’anno la regia degli spettacoli è affidata a tre dei registi più significativi della nostra scena, per la prima volta al Teatro Greco di Siracusa: Marco Baliani per I sette contro Tebe, Valerio Binasco per Le Fenicie di Euripide e Giorgio Barberio Corsetti per Le Rane di Aristofane. Tre sguardi unici che hanno in comune una grande sapienza nel rileggere i testi, anche quelli classici, senza perderne di vista la contemporaneità.
GLI INTERPRETI sono anch’essi di straordinario talento: Marco Foschi e Anna La Rosa, rispettivamente Etocle e Antigone in Sette contro Tebe; Isa Danieli, Guido Caprino e Gianmaria Martini, protagonisti delle Fenicie; last but not least, Valentino Picone e Salvatore Ficarra, reduci dal successo del loro ultimo film, L’ora legale, che li ha consacrati eredi di una prestigiosa e gloriosa tradizione comica, qui interpreti d’eccezione per Xantia e Dioniso nella commedia Le Rane.
Il programma è frutto del profondo lavoro di rinnovamento intrapreso dal commissario dell’Inda, Pier Francesco Pinelli, lo stesso che mi ha chiamato a condividere questa avventura, offrendomene la direzione artistica. Preziosa in questo senso anche la collaborazione di Luciano Canfora, Massimo Bray e Giovannellla Scaminaci.
I DATI PARLANO chiaro. L’Inda con il suo ciclo di rappresentazioni classiche offre al nostro Paese il festival di prosa più partecipato. Negli ultimi dieci anni gli spettatori teatrali sono cresciuti in Italia del 2%, mentre al Festival dell’Inda al teatro greco di Siracusa sono cresciuti del 29% sfiorando i 120.000 spettatori nella stagione record del 2016, ben 2.840 a serata. I ricavi sono cresciuti nello stesso periodo del 59% rispetto ad una media del teatro italiano del 10%.
Malgrado i numeri che segnano il favore crescente del suo pubblico, la stagione del Teatro Greco di Siracusa ha offerto in passato una imma- gine intermittente e, pur ospitando di tanto in tanto grandi registi e interpreti di primo piano, non è riuscita a creare una identità che consentisse di collocarla tra i grandi festival teatrali internazionali. La sfida odierna è quella di creare le condizioni per cui questo accada.
Nel secolo scorso si è tentato di costruire una tradizione del teatro greco in cui far prevalere un’idea che definirei museografica, matrice di spettacoli che, adottando una sorta di prêt à porter dell’antico, ne addomesticavano la potenza.
Il Teatro Greco di Siracusa è, invece, lo spazio ideale per immaginare un festival in cui, tramite vicende eterne, scuotere l’irrilevante nozione del tempo imperante nella nostra epoca. E richiamare in causa quel senso dell’umano che è il nucleo essenziale ereditato dalla tragedia, lo stesso in cui si giocano l’avvenire del mondo e quello del teatro.
PUÒ E DEVEdiventare il palcoscenico in cui accogliere lo sguardo della scena contemporanea sul mito e sul classico, un cantiere orientato a mostrare i linguaggi e le forme attraverso cui registi di talento, italiani e non, perpetuino e vivifichino la drammaturgia antica, dando vita a spettacoli che possano ancora far risuonare le tante domande essenziali sul vivere, sull’amare, sul lottare, sul morire, consegnateci dai tragici.
Come ci ricorda Italo Calvino, un classico è tale perché “non ha mai finito di dire quel che ha da dire”.
*Direttore artistico della Fondazione Inda
I numeriNegli ultimi dieci anni gli spettatori sono cresciuti del 29% sfiorando quota 120 mila, mentre i ricavi sono aumentati del 59% (contro la media italiana del 10%)