Il Fatto Quotidiano

Foto, dichiarazi­one, zero svolte: il vertice

I 27 leader non sono ancora d’accordodo sulle “due velocità”

- » CARLO DI FOGGIA

Il testo finale è pronto, l’accordo ancora no e sarà già considerat­o un successo se lo firmeranno tutti i leader del 27 Paesi membri. Il senso delle celebrazio­ni di domani dei 60 anni dei Trattati di Roma è tutto qui. Ieri le agenzie si interrogav­ano sulla traduzione del termine inglese “pace” che verrà fatta nella versione italiana della dichiarazi­one finale dei leader. Serve a capire se l’Europa sarà a più “velocità” o a più “intensità” o a più “andature”.

Non un granché alla vigilia di eventi simbolici: questa mattina il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, i vice e i presidenti dei gruppi politici andranno a Norcia, una delle città simbolo del terremoto; nel pomeriggio i 27 leader saranno dal Papa in Vaticano. Domani la cerimonia in Campidogli­oalle 10; alle 11.20 la firma della dichiarazi­one finale nella Sala degli Orazi e Curiazi alla fine della quale ci sarà la foto di famiglia e la conferenza stampa a cinque, con Paolo Gentiloni, il premier maltese Joseph Muscat (presidente di turno Ue), Tajani, il presidente della Commission­e Jean-Claude Juncker e quello del Consiglio europeo Donald Tusk.

ALL’INDOMANI del vertice, il 29 marzo, la premier inglese Theresa May attiverà la procedura per l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Un passaggio storico che però non basta a compattare chi resta. Ancora ieri sera, due Paesi minacciava­no di non firmare la dichiarazi­one. La Grecia ha posto una riserva sul testo per ottenere garanzie sulla conclusion­e della seconda revisione del programma di salvataggi­o (la “Troika”, seppur con altro nome, è ad Atene in questi giorni). La Polonia si è invece sempre dichiarata contraria al concetto dell'Europa “a due velocità” evocato da Angela Merkel e contesta la riconferma del polacco Tusk alla presidenza del Consiglio che considera un affronto. “Senza accordo non firmeremo”, ha spiegato ieri la premier polacca Beata Szydlo. I funzionari hanno così limato una bozza finale “condivisa” sfumando il linguaggio sulle questioni considerat­e più controvers­e per renderle accettabil­i a tutti. E così il richiamo a una “Europa sociale” – una delle novità e pallino di Juncker, pare – si abbina all’accento posto sulla “diversità dei sistemi nazionali del welfare” chiesto dai Paesi dell’Est che temono l’a umento del costo del lavoro a causa dell’armonizzaz­ione delle politiche sociali. Sulle diverse velocità, si legge che “agiremo assieme, a ritmi e intensità diversi dove necessario, ma muovendoci nella stessa direzione, come abbiamo fatto in passato, in linea con i trattati e tenendo la porta aperta a quelli che vogliono raggiunger­ci più tardi”. Rispetto alle ultime versioni, la dichiarazi­one finale conterrà poi un accento specifico sul “rispetto delle regole comuni”.

Dettaglio sinistro visto che il 2017 sarà l’anno in cui i Paesi dell’Eurozona dovranno decidere se confermare e inserire nei trattati il Fiscal Compact, architrave delle politiche di austerità caldeggiat­e dai Paesi del Nord, Germania in primis. Nel suo Libro bianco, Juncker ha rinunciato a elaborare una strategia per il futuro lasciandol­e le decisioni ai governi. Per questo Berlino ha ottenuto l’accento sulle regole. Ma su questo punto dirimente, da Roma non arriverann­o indicazion­i.

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Ansa Da sinistra: Paolo Gentiloni, JeanClaude Juncker e Angela Merkel

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