Il Fatto Quotidiano

Buzzi: “Al Pd convinti di vincere e noi restammo soli a lottare”

Minuto per minuto le sue “verità”: “Eravamo la coop di riferiment­o con Veltroni e Rutelli”

- » GIAMPIERO CALAPÀ

Rebibbia, aula bunker Le deposizion­i dell’ex capo della

”29 giugno” detenuto al 41-bis a Tolmezzo

In attesa di Massimo Carminati – il “Nero” parlerà mercoledì 29 e giovedì 30 marzo – il processo Mafia Capitale è già passato attraverso le udienze di esame e controesam­e del “Rosso”, l’ex capo della cooperativ­a 29 giugno Salvatore Buzzi.

Lo show di Buzzi ha colpito la politica, soprattutt­o il Pd e diversi esponenti romani del partito. Molti hanno annunciato querele, le parole di Mister Cooperativ­e possono essere verità, ma anche vendette, fango, depistaggi: tocca alla Procura valutare e alcuni “p r ot a g on i s ti ” s on o già stati archiviati.

Riavvolgia­mo il nastro dell’aula bunker di Rebibbia che ospita il processo al “Mondo di mezzo”.

24.700 euro a Bettini e le giunte di sinistra

“I contributi dati a Bettini sono all’associazio­ne Democratic­i in rete 1.200 euro, poi 10 mila euro, poi c’è una cena che ci andò Guarany (Carlo, braccio destro di Buzzi alla 29giugno, ndr), io non mi ricordo quanto abbiamo pagato per andare a quella cena, poi c’è un extra perché Bettini stava in debito con fornitori altri e gli abbiamo dato altri 10 mila euro, più c’abbiamo anche un pranzo a Ostia pagato per Bettini di 3.500, quindi confermo e me ne assumo tutta la responsabi­lità: gli abbiamo dato 24.700 euro più una cena che non so quantifica­re”. In questo caso, nessun reato riscontrat­o. Goffredo Bettini, di “confession­e” veltronian­a, è stato per anni uno degli uomini più influenti del Pd nazionale e soprattutt­o romano. “I rapporti con le giunte Rutelli e Veltroni ( 1 99 3- 2 00 8, ndr) erano ottimi, eravamo la cooperativ­a sociale di riferiment­o.

Non eravamo solo noi, avevamo creato un movimento di cooperativ­e sociali. Gli affidament­i del Comune, in epoca Veltroni, erano otto milioni di euro alle cooperativ­e sociali. La giunta Veltroni governava i processi nella città e quindi c’era di fatto una divisione del mercato, alle cooperativ­e sociali venivano affidate tutte le aree di pregio e le tenevamo davvero bene”.

L’ingresso in Ama e la pesca dei rifiuti

La monnezzape­r Roma è uno spettro minaccioso. “Noi avevamo rapporti con Ama fin dal 1995, perché nella vita bisogna essere pure fortuna- ti e avevo conosciuto subito dopo il carcere quando la cooperativ­a era ancora piccolissi­ma, e abbiamo condiviso la sede, con Mario Di Carlo. Di Carlo nel ’93 quando vince Rutelli diventa un uomo molto importante della giunta e anche presidente di Ama, quindi io andai a trovare Di Carlo insieme a Guarany, perché noi non riuscivamo nemmeno a varcare il cancello di Ama. Di Carlo mi ricevette e mi disse una cosa be l l i ss im a : ‘ Guarda, io non ti do il pesce, ti do la canna da pesca, se tu riesci a pesca’ bene, sennò mori de fame’, cioè se tu sei bravo farai le gare, vincerai e andrai avanti. E noi piano piano siamo entrati in Ama”.

La sconfitta dei dem e lanciafiam­me-Alemanno

Dalle stagioni “rosse” si passa a quella “nera” e Buzzi sostiene di essersi accorto prima degli altri del tramonto del centrosini­stra: “Eravamo preoccupat­i per il sistema delle cooperativ­e basato su gare di quattro, tre mesi. Quindi ci rivolgemmo al sindaco Veltroni e chiedemmo che le cooperativ­e fossero messe in sicurezza, nel senso: ora ci sono le elezioni non ci sa chi vince... loro sottova- lutarono: ‘Vinciamo noi alla grande’; ho detto: guarda, fai una gara che chiunque arriva dopo tra Rutelli e Alemanno le cooperativ­e sociali sono in sicurezza. Riusciamo a convincerl­i a fare questa procedura di gara, viene indetta in 18 mesi. Viene fatta la gara in 80 lotti, le 41 cooperativ­e vincono i lotti e quindi eravamo sicuri che ce la consegnava­no dal 1° luglio 2008 al 31 dicembre 2009, Alemanno insomma non ce può fa’ niente, abbiamo vinto la gara”.

“E invece che succede? Che Alemanno aveva fatto la campagna elettorale promettend­o alle imprese aderenti a Federlazio che la prima cosa che avrebbe fatto se avesse vinto le elezioni era quella di andare col lanciafiam­me sulle cooperativ­e sociali e lo fece. Alle imprese gli avevamo levato la gallina dalle uova d’oro, non gli sembrava vero fare la campagna per Alemanno chiedendo in cambio il nostro abbattimen­to. Il dirigente Stefano Mastrangel­o, cuor di leone, perché noi siamo il Paese del servo encomio e del codardo oltraggio, annulla la gara e ci mette in braghe di tela di fronte ad Alemanno. Noi dovevamo denunciare Mastrangel­o, ma potevi denuncià un dirigente che era pure amico tuo. Quindi ritorniamo a mendicare i nostri diritti. Poi, succede... io sono orgogliosi­ssi- mo di questa storia di lotta compatta contro l’amministra­zione Alemanno”. Che però poi è finito indagato, è stato archiviato per mafia ma è imputato di corruzione e finanziame­nto illecito.

I compagni scoprirono il nonno fascista

Buzzi racconta il voltafacci­a dei “compagni” e la genesi del rapporto con la giunta di destra: “Delle quarantuno cooperativ­e affidatari­e, di cui venticinqu­e di Legacoop, cosiddette di sinistra, rimaniamo a combattere Alemanno solo in dodici, perché le altre tredici di sinistra scoprono chi c’aveva il nonno fascista, chi il parente de destra, quindi cercano tutti di ingraziars­i il nuovo sindaco, il nuovo corso: noi invece rimaniamo fermi nella nostra lotta contro Alemanno e facciamo una cosa incredibil­e. Il 5 novembre 2008 con le tredici coop sociali rimaste di sinistra facciamo una manifestaz­ione in Campidogli­o contro Alemanno, la replichiam­o il 16 novembre. Facevamo gli agguati ad Alemanno: o ci faceva ammazza’ dalla polizia o doveva parla’ con noi. Quindi viene indetta una gara molto grande, aperta a tutte le imprese di Roma. Questa storia finisce con una lettera che abbiamo scritto alla Procura della Repubblica e nessuno c’ha filato”.

1. Continua

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