Vado, la sfida di Bebo Storti: “Porto a teatro la centrale e chi moriva di carbone”
Savona Uno spettacolo sull’impianto ligure accusato di aver provocato oltre 400 vittime
“La colpa non può essere di chi muore. Porteremo a teatro le vite di chi stava vicino alla centrale a respirare carbone. Leggeremo anche le intercettazioni, le carte del processo”. Bebo Storti, dal 30 marzo al 2 aprile a Savona rappresenterete Sotto Questo Sole, spettacolo sulla centrale a carbone di Vado Ligure che avrebbe provocato, dicono i pm, 440 morti. Torna il teatro di denuncia?
C’è la denuncia. Ma è soprattutto teatro. Recitato. Noi vorremmo che la gente si sedesse nel teatro come in una piazza ideale, per discutere di una storia che si è portata via tante vite. E ha messo in discussione tutti. Ma non è uno spettacolo barricadiero con il pugno chiuso.
Nella prima scena... Sì, c’è Matteo Renzi in un suo famoso messaggio. Sei minuti, spero il pubblico sopporti, ma lo stratega giurava che inceneritori e centrali non fanno male…
Un testo politico…
A noi prima di tutto interessano le persone. Tra i protagonisti dello spettacolo ci sono due malate. Una, morendo, pensa alle figlie e si chiede: chissà se ricorderanno la mia faccia.
Ci sono tante storie personali: le malate, un bagnino, un manager, un avvocato. E un politico…
La politica c’è. E ci saranno intercettazioni lette da attori. A me interessa fino a un certo punto se la società che gestiva la centrale sarà condannata. Mi ha colpito, certo, quando i politici sono stati archiviati. Ma non ci so- no solo le responsabilità penali, ci sono anche quelle morali e civili. E noi le metteremo sotto gli occhi di tutti. Leggeremo quell’intercettazione: “Dobbiamo fare una porcata”.
Ci sono voluti decenni perché Savona si rendesse conto del pericolo…
Ho deciso di occuparmi della centrale incontrando i ragazzi dei comitati e Stefano Milano, un libraio appassionato e combattente. E poi andando in giro per le valli ai piedi delle ciminiere. La gente mi diceva: si è sempre saputo che si moriva di carbone.
Perché è così difficile combattere i nemici invisibili come l’inquinamento? Se il pericolo ce l’hai accanto ogni giorno, per anni… alla fine la percezione si abbassa. Devi tornare a casa, devi pensare a vivere.
Poi hanno cercato di mettere contro le vittime e i lavoratori che rischiavano il posto… I lavoratori sono vittime due volte. Perché erano i più esposti all’inquinamento e poi hanno perso il lavoro. Poi c’è chi sulla centrale ci ha campato, c’è chi ha fatto finta di niente… C’è chi ha taciuto. Chi diceva “è destino” quando si moriva. Ma soprattutto c’erano le istituzioni con le loro responsabilità.
Ma alla fine chi si salva?
Non vince nessuno… a parte qualche manager che viveva a duecento chilometri dalla centrale. Che poi è scappato in yacht con una signorina… Vorremmo che fosse uno spettacolo liberatorio. Vorrei farne una versione finale, di quattro ore, una rottura di maroni pazzesca. In piazza a Savona… e che venissero tutti, dalle vittime ai politici. Perché tutti devono fare i conti con questa storia.
Una storia utile per tutti?
Sì. Ci sono 13 centrali così in Italia. Qui si tratta del diritto alla salute. Di come difendersi. C’è quella frase all’inizio dello spettacolo, la pronuncia un manager: “Una volta morivate senza rompere i coglioni, ora ci sono associazioni e comitati”.