Il Fatto Quotidiano

Basile il cantastori­e rompe gli incantesim­i

- » CARLO BORDONE

In tempi nei quali i generi musicali più gettonati sono rap e neo-cantautora­to pop, si suppone che la parola abbia riacquista­to la sua centralità. Troppo spesso, invece, a essere cantata è una lingua conformist­a, adagiata su luoghi comuni che una volta erano figli dell’assuefazio­ne televisiva e oggi sono derivati tossici dello slang da social network. Non è quindi affatto strana la sensazione di autenticit­à profonda, di genuinità antica e allo stesso tempo di paradossal­e modernità che si ricava dall’ascolto di un disco come U fujutu su nesci chi fa? di Cesare Basile.

IL NUOVO LAVORO dell’artista catanese, interament­e cantato in dialetto, riesce nell’impresa di comunicare emozioni e storie che hanno il carattere dell’universali­tà pur con una modalità espressiva che si nega alla comprensio­ne di chi siciliano non è.

Naturalmen­te viene fornita la traduzione in italiano dei testi, ma prima ancora di leggerli sono la forza stessa della musica e l’ipnotico salmodiare di Basile a dare all’ascoltator­e l’impression­e che quelle storie, con il loro carico di dolore e di significat­i, arrivino lo stesso. Come se appartenes­sero a un passato, o meglio a una zona fuori dal tempo, che è comune a tutti.

Questa ulteriore tappa nel viaggio alla ricerca delle proprie radici, da parte di un musicista che in gioventù si è svezzato con le suggestion­i della Berlino post- punk e nella maturità si è scaldato al sole di un deserto di un immaginari­o West, corona brillantem­ente un percorso iniziato già da qualche anno con dischi quali Sette pietre per tenere il diavolo a bada, Cesare Basile (vincitore nel 2013 di una Targa Tenco) e Tu prenditi l’amore che vuoi. Oggi Basile è diventato davvero il cantastori­e, il cuntista, evocato in Storia di Firrignu. Colui che dà vita ai pupi e alle avventure di Orlando, ma che un po’ più a sud sarebbe stato il g r i ot della tradizione africana.

E qui di schegge d’Africa se ne trovano svariate, dalle poliritmie ai controcant­i, fin o a l l ’ a n d a m e n t o d esert-blues in stile Tinariwen della canzone che dà il titolo all’album. Ovvero Se esce il matto che succede?, con riferiment­o al joker delle carte,

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