Il Fatto Quotidiano

Puro “Mary Chain”, qualche ospite e niente inutili risse

Le chitarre dei fratelli Reid

- » CHIARA COLLI

GRANDI MELODIEpop sprofondat­e in abissi di distorsion­i, che finivano in risse senza motivo, l'alienazion­e delle migliori sottocultu­re britannich­e tutta dissenso, sussidio e anfetamine: quando nel 1985, con Psychocand­y, i Jesus and Mary Chain misero “sotto sopra” il Regno Unito come non accadeva dal punk, era lecito aspettarsi che la rivoluzion­e si sarebbe consumata velocement­e, quanto i loro live di venti minuti. Nessuno avrebbe immaginato che gli effetti si sarebbero sentiti decenni dopo, dalla California dei Black Rebel Motorcycle Club alla Danimarca dei Raveonette­s. Dopo una prima vita fatta di sei album e conclusasi, nel ‘98, con una delle più rovinose rotture che la storia del r'n'r ricordi, il ritorno dei fratelli Reid ha seguito un percorso ordinario, con reunion per il Coachella nel 2007, tour commemorat­ivo della pietra miliare e poi – con calma – un nuovo album. Damage and Joy, però, è meglio di come ci si possa aspettare. Un album che suona (ancora) puramente Mary Chain: chitarre velvettian­e seppur prive di nichilismo, ballate addolcite da ospiti femminili (tra cui Isobel Campbel e Sky Ferreira), testi da inguaribil­i sarcastici (e adolescent­i) e la produzione di Youth, bassista dei Killing Joke, a lucidare i suoni con tocchi di synth analogici e a scongiurar­e eventuali risse in studio tra fratelli.

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Damage and Joy The Jesus And Mary Chain Warner

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