Il Fatto Quotidiano

Il passo avanti di Enrico Letta, l’esule europeista

- » MARCO PALOMBI

Ieri, nell’ennesima intervista per il suo ultimo libro, Enrico Letta ha detto al Corsera una cosa che ci ha sorpreso. E ci ha sorpreso anche più del titolo del volume: Contro venti e maree. Immaginarc­i #Enricostai­sereno in ostinata minoranza, che sfida i marosi dell’opinione pubblica da posizioni eretiche, ci riesce infatti difficile. Nato da un parto col potere, occupa cariche di rilievo dall’età di 25 anni: difficile immaginars­elo esule e ramingo come gli anarchici di Addio Lugano bella. “Venti e maree” sarebbero infatti le cri- tiche all’Unione europea, che Letta - con equivoco ormai comune - scambia per l’Europa. Ed è qui che Enrico l’europeista stupisce: cambia, s’evolve, s’aggiorna. Sarà il tempo che passa, i capelli che imbiancano, la piacevole pausa d’ozio parigino regalatagl­i da Renzi, ma è così. Finito di dire che i grillini non sono brutti come Trump, ma dovrebbero imparare a stare a tavola, Letta risponde infatti alla domanda che tutti si fanno in queste ore: cosa aspettarsi dal 60esimo dei Trattati di Roma? Svolgiment­o: “Ho trovato quello del presidente Mattarella un bel discorso europeista. L’Ue ha bisogno di analisi nuove e di leadership che parlano coi fatti come fa Mario Draghi alla Bce (...) Io stesso qualche anno fa mi sentivo molto più ortodosso. Oggi bisogna uscire molto di più dal seminato”. Prima era più ortodosso Enrico, oggi no: se nel 1997 scriveva Morire per Maastricht, oggi - visto che in Europa c’è chi lo ha preso alla lettera - forse non sarebbe così netto. Magari si accontenta di Soffrire per Maastricht. Sarebbe un passo avanti.

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