Il Fatto Quotidiano

LA REPUBBLICA DEI FUORILEGGE

- SANDRA BONSANTI

Non so quale Paese avrebbe l’en er gi a per resistere a lungo agli stress a cui sottoponia­mo il nostro. Non so quale democrazia riuscirebb­e a sopravvive­re ai colpi che quasi ogni giorno riceve da chi avrebbe il dovere di proteggerl­a. Nessun Paese, nessuna democrazia possono farcela. Prima o poi accade l’incidente. Prima o poi arriva il seduttore. Questo pensiero ci accompagna già da tempo, ma abbiamo preferito non esser pessimisti e fingere di non vedere.

ABBIAMO PASSATO gli ultimi due anni a cercare di salvare la Costituzio­ne, e ci siamo riusciti. Ma dobbiamo riconoscer­e che questo grande impegno ha fatto sì che ci distraessi­mo da altri problemi gravissimi, li abbiamo un po’ accantonat­i nella illusione che, salva la Carta, si sarebbe tutto risolto.

Invece no. Adesso è possibile osservare il quadro generale. Fa male. Ma eccolo qua.

1) La corruzione e l’illegalità affliggono il Paese, dal sud fino alle Alpi. Le cosche hanno ormai vinto lo scontro (quando ci è stato) con le amministra­zioni pubbliche e non c’è gara d’appalto, dalla Campania alla Toscana, dalla Calabria al nord, che non siano vinte in gare al ribasso che escludono le poche imprese oneste rimaste. Si va dagli appalti sui bus che fanno i servizi scolastici, alla Consip. Da piccole somme a quelle grandi, compreso il business dai servizi sociali per i migranti. Dal gioco d’azzardo al grande spaccio di droga. Macchinett­e per giocare si trovano ovunque, anche nelle sedi dove erano i circoli del Pci e dove un tempo si giocava a scopa.

2) La magistratu­ra ci dice che le leggi varate o in via di approvazio­ne non servono, anzi in certi casi sono dannose, nel senso che aiutano a delinquere. Una delle questioni più gravi, a mio avviso, è quella norma che costringe gli ufficiali di polizia giudiziari­a a informare i superiori: non più al servizio del magistrato, ma del potere politico da quale dipendono i vertici. Chi ha un po’ d’esperienza della vicenda politica non può non vedere che il prossimo attacco da parte di chi ci governerà sarà rivolto alla giustizia, all’autonomia della magistratu­ra, alla separazion­e dei poteri. È tanto tempo che cercano un attacco finale che prima o poi ci sarà. Inoltre, il caso Minzolini insegna che anche lì dove un rimedio per “salvare” l’onore del Parlamento era stato trovato (si fa per dire), si può rinnegarlo, aggirarlo, prendendos­i la libertà di sostenere l’insostenib­ile, come è stato detto giustament­e.

3) Contro la miseria e l’ingiustizi­a non si studia un piano illuminato, un progetto condiviso. Non c’è tempo per studiare, bisogna tamponare qua e là con specchiett­i per le allodole che contengano la perdita di consenso. Al sud, appena scende il sipario sulle vittime della mafia, irrompe sul palcosceni­co il grido: con noi si lavora, con gli sbirri no. Nel giro di pochi giorni riusciamo a dimenticar­e la lettera di Michele che si è ucciso a trent’anni, logorato dalla precarietà e dalla disoccupaz­ione.

4) L’informazio­ne soffre di un duplice male: da una parte è sotto attacco perché gli editori sono sempre più servili nei confronti del governo e molti direttori si adeguano e moltissimi giornalist­i pure. Dall’altra, i giornalist­i coraggiosi subiscono minacce gravissime e intimidazi­oni rivolte anche ai familiari. Ma, come ci hanno ricordato i giornalist­i del Washington Post “D emo cra cy dies in darkness”.

5) Siamo forse l’unico paese al mondo senza una legge elettorale. Sarebbe bene ricordarse­lo di tanto in tanto.

6) Il nostro debito pubblico spaventa chi se ne intende. Mentre il fenomeno migratorio più ampio che la storia ricordi investe si il Mediterran­eo, ma prima di tutto noi e le nostre coscienze.

7) In una situazione che non può fare invidia a nessuno, ci troviamo con un pezzo di classe politica stranament­e affascinat­a dal potere e strettamen­te collegata a parte della finanza. Il Partito democratic­o è un universo che sa tenersi unito soltanto attorno al miraggio di un leader che promette potere per sé e per i suoi amici. Qualcosa di nuovo, ma non per questo di positivo. Gli altri che potrebbero vincere elezioni e che non sono “profession­isti” della politica peccano di improvvisa­zione e di decisioni prese da uno solo. La sinistra continua a dividersi, come ha sempre fatto, purtroppo.

Dossetti avrebbe chiesto ancora: “Sentinella, quanto resta della notte?”

Ma il nostro è tempo di sondaggi, non di profezie. Eppure è assolutame­nte necessario che si mettano in campo energie capaci di analizzare questo quadro, sommario e parziale, dello stato della democrazia. Prima che faccia giorno.

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