I supercàzzoli
Pare che, alle primarie nei circoli del Pd, stiano votando in pochini. Il che, secondo alcuni, si spiega col fatto che i tre candidati Renzi, Orlando ed Emiliano risultino poco interessanti: Renzi, dopo tre anni, ha già rotto le palle; Orlando non si capisce in che cosa differisca da Renzi, visto che gli ha sempre dato ragione; e quelli che voterebbero Emiliano non fanno parte dei circoli Pd, essendo già emigrati nei 5Stelle, nelle varie sinistre e nella scissione Mdp. Ma la fuga dai circoli potrebbe dipendere anche dall’Effetto Supercazzola: nessuno dei potenziali elettori ha la più pallida idea di che Renzi voglia fare di nuovo e diverso dal suo governo prematuramente scomparso. Il pie’ veloce Matteo che parlava come mangiava s’è tramutato nel suo opposto: continua a parlare da mane a sera, ma le sue parole scivolano via come l’acqua sul vetro senza lasciare traccia, a parte il nauseante retrogusto di fasullo. Dice che avrebbe votato contro Minzolini, ma i suoi l’hanno salvato. Difende i vitalizi che, ai tempi d’oro, voleva abolire. Anziché di Lotti ( o di Marroni), chiede le dimissioni di Jeroen Dijsselbloem, presidente olandese dell’Eurogruppo, per una frase che non ha letto o non ha capito. E s’è pure scelto come candidato vicesegretario Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura (braccia rubate alla) all’insaputa dei più e “rappresentante della sinistra”. Infatti vive (si fa per dire) allo stato gassoso: inodore, incolore e insapore.
Eccolo, intervistato dal Corriere, elettrizzare gli eventuali elettori di sinistra: “Noi ci rivolgiamo prima di tutto alle nuove generazioni. All’universo femminile. Alle famiglie. Al Sud. Ai non garantiti”. Perché avrà tanti difetti, ma nel fare liste non lo batte nessuno, ergo vuole “valorizzare alcuni temi: la questione sociale, il lavoro, la nuova Europa, il cambio di passo sulle reti di protezione sociale”. E, sul cambio sulle reti, si è temuto facesse il materassaio. Errore: “Siamo per un Pd capace di guardare al futuro. Un Pd delle nuove generazioni, che offra una prospettiva forte al Paese. Anzi, il partito del Paese”. Basta col Partito della Nazione con B., Alfano&Verdini: via al Partito del Paese, nel senso di Rignano sull’Arno. E non avete ancora sentito i “forti contenuti programmatici” e le “forti proposte”, affidati in esclusiva mondiale all’Unità: “Stiamo semplicemente interpretando nel modo migliore l’idea di una proposta che si rivolga al Pd e al Paese (sempre Rignano, ndr) in modo largo e partecipato”. E dove nasce l’idea di una proposta ma anche la proposta di un’idea? Voi non ci crederete mai: “Dal basso”. Cioè da lui.
Edove
guarda? Sorpresona: “Noi guardiamo al centrosinistra”. Emiliano invece alla Giamaica e Orlando alla Groenlandia. “Se non ripartiamo da qui rischiamo di non farci capire” e lui si fa capire subito: “Un partito in grado di fare squadra, di persone che insieme, a vari livelli, lavorino per la stessa prospettiva. Un partito popolare, alternativo ai populisti”. Non a caso la mozione Renzi- Martina s’intitola Avanti, insieme. Con la virgola, unico segno di interpunzione consentito. Il trattino è vietato: “Credo in realtà il trattino ce l’ha una certa visione del Pd che sembra sia interpretata più da altre proposte che non certo dalla nostra. Noi non abbiamo trattini”. E fra Martina e Renzi che ci mettiamo? Mistero: “Dal primo minuto abbiamo lavorato per il superamento di un’idea di partito che torna ad avere il trattino”. Ecco l’atavica tara che tarpa le ali alla sinistra condannandola all’eterna sconfitta: il trattino. Come non averci pensato prima?
Casomai qualcuno non avesse ancora capito (ma si stenta a crederlo, essendo tutto così chiaro), è pronta la “scuola di formazione politica stabile” e soprattutto “permanente”. Affidata a un altro principe della supercazzola brematurata con scappellamento a sinistra, al centro e a destra: Massimo Recalcati, lo psicanalista col ciuffo e il chiodo alla Fonzie, che sta a Lacan come Roberta Bruzzone sta a Lombroso. Dopo avere scoperto che il figlio di Ulisse si chiamava Telemaco e averci fatto un libro pensando a Renzi che c’è subito cascato, Recalcàzzola animò l’ultima beneaugurante Leopolda prima del flop referendario presentandosi come “il padre adottivo di Telemaco” e, prima dell’arrivo degli infermieri, fece in tempo a scomunicare “le mummie del No”. Infatti milioni di giovani si precipitarono a votare No. Al Lingotto l’abbiamo visto un po’ emaciato, sulle sue, ma già tonico: mentre Renzi sbeffeggiava la bandiera rossa, lui annunciava che la scuola Pd sarà intitolata all’incolpevole Pasolini, autore di un celebre inno alla bandiera rossa. Poi, su l’Unità, il luminare ha bollato la scissione bersaniana di “narcisismo di élite e minoranze che non vogliono tramontare”: roba da Anchise. È stato lì che gli scissionisti si sono rincuorati: con lui contro, qualche speranza ce l’hanno. La Scuola non potrà fare a meno di Antonio Campo Dall’Orto, dg renzian-leopoldiano della Rai, vista la sua prosa così alla mano. Ieri, per dire, ha spiegato a Roberto Gervaso (tessera P2 n. 1813) sul Messaggero perché è saltata la Perego: “Il tema non è quello di trasformare la Rai in un beguinage, è esattamente l’opposto... Il nostro sforzo quotidiano è finalizzato a far sì che la volgarità sia ogni giorno meno presenza (sic) nella Rai... Il punto è costruire una Rai sempre più vicina alla sua mission e ai suoi cittadini”. Ammazza che volpe: dopo il Partito del Paese, la Rai del Paese. Chiaro, no? “Quando si parla a molti è obbligatorio chiedersi e richiedersi cosa si sta dicendo”. E lui, modestamente, non fa che riascoltarsi e richiedersi: che cazzo sto dicendo? Un po’ di pazienza, poi Martina e Recalcàzzola glielo spiegano.