Adesso la Figc difende la Juve contro l’Antimafia
Il direttore generale della Federcalcio contro l’inchiesta sui rapporti tra società e clan. “Non fa bene al calcio”. Il presidente Bindi: “Le sue sono parole preoccupanti”
“Mi sembra che l’Antimafia stia facendo un processo molto mediatico e questo non fa bene né al calcio, né tantomeno all’Italia”. Parola di Michele Uva, direttore generale della Federazione italiana giuoco calcio, che si scaglia contro la commissione parlamentare presieduta da Rosy Bindi perché si sta occupando dei rapporti tra ultras, criminalità organizzata e Juventus, questioni a cui Uva non ha rivolto attenzione ieri: “I problemi dell’Italia e della Commissione antimafia dovrebbero essere rivolti verso attività ben diverse da quelle dei biglietti a una curva”, ha detto. I parlamentari di Palazzo San Macuto non sono rimasti fermi ad ascoltare.
“LA COMMISSIONE parlamentare antimafia non fa processi, men che meno mediatici”, ha replicato la presidente Bindi, preoccupata “che il direttore generale della Federcalcio ritenga che ciò di cui ci stiamo occupando non sia una cosa seria”. Al suo vice Claudio Fava non sono piaciute le parole usate: “Se il Dg della Federcalcio definisce ‘una cosa banale’ un’inchiesta penale sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nel circuito del tifo organizzato c’è da essere preoccupati. Se poi si chiede alla commissione antimafia di occuparsi d'altro c’è da essere anche imbarazzati”. Alcuni parlamentari, poi, sono colpiti dal doppio atteggiamento della Federcalcio. Da una parte la procura federale, guidata l’ex prefetto Giuseppe Pecoraro, ha deferito il presidente Andrea Agnelli, tre manager (tra cui l’ex Francesco Calvo) e la società e ora dovranno affrontare un processo sportivo per aver violato le norme sulla cessione dei biglietti ai tifosi e sui legami tra tesserati e supporter. Nel deferimento Pecoraro contesta ad Agnelli e al security manager Alessandro D’Angelo anche contatti con “esponenti della malavita organizzata”, un’accusa molto dura. Dall’altra, invece, ci sono le parole da pompiere usate Uva, poco apprezzate e non concordate dal presidente Carlo Tavecchio, che lunedì interverrà al consiglio federale di Coverciano: “Noi dobbiamo occuparci della giustizia sportiva - ha affermato Uva -. Occorre che la giustizia ordinaria faccia il proprio corso con la massima serenità”.
QUEST’ULTIMA GIOVEDÌ ha cominciato ad affrontare il processo “Alto Piemonte”, nato dall’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Torino su alcuni presunti esponenti della ‘ndrangheta in Piemonte. Indagando su di loro la Squadra mo- bile della questura torinese ha scoperto i contatti tra Rocco Dominello (a processo per associazione mafiosa e un tentato omicidio) e alcuni manager della Juventus (non indagati): il security manager Alessandro D’Angelo e il responsabile della biglietteria Stefano Merulla. Dalle loro intercettazioni e da quelle di altri indagati (tra cui del tifoso juventino Fabio Germani, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa) emergono gli interessi di Dominello, di suo padre Saverio (condannato in passato per associazione mafiosa e accusato ancora oggi di fare parte della ‘ndrangheta) e altri nel bagarinaggio. Nessuno della Juventus è stato indagato, ma quegli atti sono stati acquisiti prima dalla procura Figc (che ha inviato il deferimento sabato scorso) e poi dalla commissione antimafia dove negli ultimi giorni è sorto un polverone intorno a un’intercettazione attribuita ad Agnelli da Pecoraro. L’intercettazione che il senatore Pd Stefano Esposito ritiene essere “fantasma”, non presente tra gli atti depositati a Palazzo San Macuto custoditi da agenti della Dia, esiste.
IERI MATTINA i pm insieme alla squadra mobile hanno effettuato un controllo sulle intercettazioni: è una frase pronunciata da D’Angelo, non da Agnelli, tra luglio e agosto, quando il security manager - interrogato dai pm per ben cinque volte - si preoccupa, teme un’incriminazione e cerca di ricostruire con varie persone fatti ed episodi. Per verificare il suo corretto utilizzo da parte della procura federale il deputato Pd Marco Di Lello ha chiesto di desecretare l’audizione di Pecoraro e quella dei pm della Dda torinese. Poi, forse, in Antimafia verranno sentiti Agnelli e anche Tavecchio.
L’inizio della storia L’inchiesta nasce dal fascicolo “Alto Piemonte” sugli interessi dei clan nel Nord Italia Dovrebbero occuparsi di cose ben diverse dai biglietti di una curva MICHELE
UVA Non facciamo processi, men che meno mediatici ROSY BINDI