Primarie Pd, partenza al ralenty e pochi voti
Per la deputata Simoni (che sostiene Orlando) l’affluenza è “desolante ”. Ad Agrigento si apre il caso dei morti iscritti
In questi giorni di avvicinamento al congresso del Pd si rischia di rimanere incantati dalla musica di sottofondo. Le percentuali diffuse su base quotidiana dai rappresentanti della mozione Renzi (prontamente riprese dai giornali) raccontano una cavalcata trionfale dell’ex premier che nei fatti non esiste. I pochi numeri a disposizione raccontano una realtà ancora parziale e in via di composizione, ma molto lontana dalla narrazione, come si usa dire, renziana.
ANDIAMO CON ORDINE. Ieri mattina è arrivato un nuovo bollettino tripudiante sui risultati dell’ex premier. Titolo dell’agenzia ( Adnkronos): “Renzi ‘vede’ il 70% dopo quattro giorni nei circoli”. Nell’avvio di questa fase precongressuale, dal 20 al 23 marzo, “si sono svolte oltre 120 riunioni dei Circoli in tutta Italia e i risultati del voto vedono in vantaggio la mozione Renzi, che ha raccolto fin qui il 68% dei voti degli iscritti. Poi la mozione Orlando con il 30,3%, chiude la mozione Emiliano con l’1,7%”.
In termini assoluti, si apprende, “la mozione Renzi nel totale dei primi quattro giorni ha avuto 2.523 voti, la mozione Orlando 1.126 e la mozione Emiliano 61”. Letta in questo modo, sembrerebbe che Renzi stia sbancando e che Emiliano sia praticamente inesi- stente tra gli iscritti. Il fatto è che i circoli del Pd chiamati al voto prima del Congresso sono circa 6 mila. I risultati – come scrive Adnkronos– arrivano dai primi 120. Significa che siamo ancora al 2% dello scrutinio tra i tesserati. Un po’ presto per decantare il distacco tra le tre mozioni. Inoltre, le preferenze totali espresse sono 3.710: una media di 31 voti per circolo (la dimensione dei quali non è nota).
La stima che ne consegue è necessariamente parziale e va presa con ogni possibile cautela, ma se si proseguisse con questo ritmo fino al Congresso, alla fine voterebbero solo 186mila iscritti. Meno della metà delle 420mila tessere staccate nella campagna appena conclusa. È fisiologico che il numero dei votanti sia inferiore a quello degli iscritti (nel 2013 i primi furono 295mila e i secondi circa 350mila), ma al Nazareno si aspettano una differenza molto più bassa, non più del 20, massimo 30%.
Il più preoccupato in questo momento dovrebbe essere Michele Emiliano: per accedere alle primarie – dove il governatore è più competitivo – serve almeno il 5% nel voto dei tesserati. Per ora l’asticella è lontana, ma i primi dati arrivano dal nord, dove il suo consenso è molto meno forte.
AL DI LÀ DEI NUMERI parziali, l’ottimismo renziano e il fair play di partito sono stati spezzati dalla dichiarazione della deputata Elisa Simoni, che sostiene la mozione Orlando (ma ironicamente è cugina di Matteo): “A guardar bene i primi dati, ci troviamo di fronte a una fotografia desolante e preoccupante dal punto di vista della bassa affluenza, specie in regioni come l’Emilia Romagna, dove anni fa i nostri iscritti facevano la ressa per partecipare. Se aggiungiamo l’aumento dei casi anomali di tesseramento, la situazione appare decisamente fuori controllo. È il sintomo di un partito che è stato lasciato a se stesso e che si è ripiegato su logiche di potere locale”. I casi cui fa riferimento sono stati raccontati nei giorni scorsi: le iscrizioni contestate a Enna, Catania, Avellino, Frosinone e soprattutto Napoli. Ieri si è aggiunto l’episodio grottesco di Ribera (Agrigento): nell’elenco dei nuovi tesserati, cresciuti in modo molto anomalo, risulterebbero anche i nomi di alcuni defunti. Il circolo è stato commissariato dal segretario regionale Fausto Raciti.
Renzi si consola ancora con la Toscana. Ieri il segretario uscente (e rientrante) ha votato nel suo circolo fiorentino di vie Nuove. Nelle prime 48 sezioni regionali è al 73%, con un aumento della partecipazione del 13% rispetto al 2013. Matteo resta cauto, molto più dei suoi: “Soddisfatto? Ne parliamo quando ne sapremo di più”.
La partecipazione è preoccupante soprattutto in Emilia, la situazione è fuori controllo: il partito si è ripiegato su logiche di potere locale