Conti, missione impossibile: Padoan stretto tra Ue e Renzi
Dombrovskis vola a Roma per chiedere garanzie su manovrina e riduzione del debito pubblico. L’ex premier vuole evitare tagli e tasse
La Commissione europea non molla la presa sul governo Gentiloni: la correzione in corso d’opera di 3,4 miliardi sul bilancio 2017 (0,2% del Pil), richiesta a gennaio, s’ha da fare entro aprile, senza se e senza ma. E non basta: per mettersi tranquilla l’Ue chiede anche garanzie sugli impegni presi per la realizzazione di un pacchetto di “riforme strutturali” che dovrebbe invertire la tendenza italiana alla crescita del debito pubblico e portare il rapporto deficit/ Pil dal 2,3% previsto a fine 2017 all’1,2% concordato con Bruxelles per il 2018.
Una drastica riduzione che senza un corposo aumento della crescita e della produttività, in questo momento quasi miracoloso, richiederà in autunno un nuovo aggiustamento dei conti per almeno 18 miliardi.
INTANTO, se la manovrina di primavera non verrà varata nei tempi imposti dalla Commissione, si rischia una procedura d’infrazione. L’Italia è in linea con le regole sul deficit ma sul debito è abbondantemente fuori target. Il governo Renzi è arrivato al 133,1% del Pil, come ha più volte ricordato il vice presidente della Commissione, “il falco” Valdis Dombrovskis, volato ieri a Roma per richiamare l’attenzione del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan sulle date cerchiate sul calendario da Bruxelles e sulla scarsa crescita registrata nei primi mesi del 2017.
“C’è un impegno molto concreto da parte del ministro e da parte di tutto l’establishment italiano, il tempo ci dirà come andrà questo aggiustamento che sarà fatto in pr ima vera ”, ha scandito Dombrovskis all’uscita dal ministero dell’Economia. Sul Bilancio 2018 “ci saranno altre discussioni, e vedremo se la traiettoria per la riduzione del debito è quella giusta”.
IL COMMISSARIO europeo si è detto sicuro che questi impegni saranno rispettati dall’Italia “entro la fine di aprile”, anche se il numero due della Commissione Ue rimane molto diffidente sulle reali capacità degli eredi del governo Renzi di rimettersi in riga. “L’incontro è stato fruttuoso, la forma principale di abbattimento del debito è la crescita nominale che noi pensiamo migliorerà, sia in termini di Pil che d’inflazione, mi sembra che i nostri sforzi sul debito vengano riconosciuti, stiamo andando nella direzione giusta”, ha dichiarato il ministro italiano al termine di una conferenza stampa congiunta.
La risposta che arriva a stretto giro dal commissario europeo, seduto accanto a Padoan, è peggio di una doccia gelata: “La crescita dell’Italia quest’anno sarà di circa l’1 per cento, è una ripresa modesta perciò è molto importante che mantenga la rotta rispetto alla traiettoria fiscale e di riforme concordata”.
Di fronte al pugno duro della Commissione Ue, l’ex premier Matteo Renzi continua a fare la voce grossa. Ma vista la mala parata con Bruxelles quando era presidente del Consiglio, il suo bersaglio è diventato il povero Padoan, che pressato anche dalla squadra renziana, si ritrova in una tenaglia Pd-Ue da cui non riesce a sottrarsi. Finora la strategia adottata dal ministro è stata di dare ragione a tutti e prendere tempo, nella speranza di scavalcare almeno le primarie del Pd di aprile e magari anche l’esito delle amministrative di giugno e togliersi così il fiato di Renzi dal collo. Va detto che l’Italia è già stata sottoposta in pas- sato a procedure per deficit eccessivo, nel 2008 e nel 2013, tutte chiuse senza sanzioni. In precedenza, nel 2004, c’era stato solo un early warning.
Ma la partita è tutta politica, come ha ricordato a Padoan il presidente del Pd Matteo Orfini, al termine di un minaccioso incontro del ministro con i vertici del Pd alla vigilia del summit europeo: “Nei ruoli chiave per le politiche economiche ci sono due ministri tecnici (Padoan e Calenda, ndr), hanno svolto un ottimo lavoro, ma in una fase così delicata le loro competenze vanno integrate con una visione politica, diciamo. Su questo il Pd ha molto da dire.” La dichiarazione di Orfini suona come un commissariamento della politica economica del governo.
IN UN’INTERVISTA ad Avvenire Matteo Renzi è ancora più esplicito: “Sono certo che il ministro Padoan avrà la sensibilità di confrontarsi rapidamente con il reggente del Pd, i capigruppo e con i suoi colleghi ministri del nostro partito per trovare una soluzione che, a mio giudizio, è ampiamente alla nostra portata senza alzare le tasse”. Gentiloni e il suo ministro sono avvertiti.
La correzionea cui l’Italia s’è impegnata tra il 2017 e il 2018