“Avete perso lo spirito del Vecchio continente”
Il Papa al capezzale dell’Unione: “Non ci sono solo le regole, ma anche vita e dignità. La solidarietà è il più efficace antidoto ai populismi”
“Affetto” per l’Europa. Ma anche una sferzata: “L’Unione è chiamata a mettersi in discussio ne… cercate vie per un nuovo umanesimo europeo, fatto di ideali e concretezza”. Parla papa Francesco. Davanti a lui i vertici dell’Unione, i capi di Stato e di governo. Nell’enorme Sala Regia del Palazzo apostolico sembrano quasi persi, seduti su sedie semplici. Scomode, e non solo perché devono voltarsi per guardare il Pontefice.
I leader sanno che dovranno ascoltare un discorso difficile. Ma viene da pensare che siano venuti proprio perché qualcuno affronti problemi che loro non sanno più risolvere. E Bergoglio uno per uno tocca tutti i nodi: “Se fu chiaro fin dal principio che il cuore pulsante del progetto politico europeo non poteva essere che l’uomo” fu anche “chiaro il rischio che i trattati” potessero “rimanere lettera morta” se non “riempiti da uno spirito vitale. E il primo elemento di vitalità europea è la solidarietà, che è anche il più efficace antidoto ai moderni populismi”.
Francesco parla con tono insieme famigliare e solenne. Alza lo sguardo, sfiora con gli occhi i leader, uno alla volta: “Si ha la sensazione che ci sia uno scollamento affettivo fra i cittadini e le Isti- tuzioni, sovente percepite lontane e non attente alle diverse sensibilità che costituiscono l’Unione. L’Europa ritrova speranza quando l’uomo è il centro, è il cuore delle sue istituzioni”.
Bergoglio non fa giri di parole: c’è la “tentazione di ridurre gli ideali fondativi alle necessità produttive, economiche e finanziarie”. Puntiamo ai “valori”, dice Bergoglio, prima ancora che alle regole: “I padri fondatori ci ricordano che l’Europa non è solo un insieme di regole... È vita”. Francesco si avvicina passo passo ai temi più delicati: “L’Unione nasce come unità delle differenze e unità nelle differenze. Le peculiarità non devono perciò spaventare, né si può pensare che l’unità sia preservata dall’uniformità”,
Ecco, i muri, che nel 1989 erano caduti. E oggi tornano: “In un mondo che conosceva i muri e le divisioni era chiara” la volontà di “lavorare a un’Europa unita e aperta... Tanto si faticò per far cadere quel muro, eppure oggi si è persa la memoria di quella fatica e della povertà, della miseria che la divisione provocò”.
ECCO IL NODO dell’immigrazione e chissà se Merkel e Gentiloni in quel momento si scambiano uno sguardo: “Non ci si può limitare a gestire la grave crisi migratoria come fosse solo un problema numerico, economico o di sicurezza. La questione migratoria pone una domanda più profonda, che è anzitutto culturale. L’apertura al mondo implica la capacità di dialogo come forma di incontro a tutti i livelli, a cominciare da quello fra gli Stati membri e fra le Istituzioni e i cittadini, fino a quello con gli immigrati”.
Il “futuro” ei“giovani”, parole che Bergoglio ripete con un accento particolare: “L’Europa ritrova speranza quando difende la vita e la famiglia, e offre ai giovani la possibilità di avere figli senza paura di non poterli mantenere”. E poi la “dignità del lavoro, condizioni di vita adegua- te”, la sanità e l’istruzione.
Fino alla domanda finale: “Quale cultura propone l’Europa oggi? Senza una prospettiva ideale si finisce per essere dominati dal timore che l’altro ci strappi dalle abitudini consolidate, ci privi dei confort acquisiti, metta in discussione uno stile di vita fatto troppo spesso solo di benessere materiale... Al contrario - conclude Francesco - la ricchezza dell’Europa è sempre stata la sua apertura spirituale e la capacità di porsi domande fondamentali sul senso dell’e-
Non si può gestire la crisi migratoria solo come un problema numerico, economico o di sicurezza. È una sfida anche culturale
sistenza... Il benessere acquisito sembra invece aver tarpato le ali, e fatto abbassare lo sguardo. L’Europa ha un patrimonio ideale e spirituale unico al mondo che merita di essere riproposto con passione e rinnovata freschezza... L’Unione europea a 60 anni è chiamata a curare gli acciacchi dell’età. Ma a differenza di una persona non ha davanti a sé un’inevitabile vecchiaia, ma la possibilità di una nuova giovinezza”.