Il Fatto Quotidiano

“Dj Fabo da lassù, che rabbia i politici schiavi attaccati alla poltrona”

La mamma di Fabiano ”Cosa direbbe se vedesse il Parlamento che non fa nulla?”. Un italiano ogni giorno va ancora a morire in Svizzera

- ▶ SANSA

La stanza di Fabo nella sua casa di Giambellin­o è stata svuotata subito dopo la morte. Non per dimenticar­e, ma, al contrario, per non correre il rischio di trasformar­la in un santuario. Per non confondere la sua vita con le cose. Oggi rimangono le fotografie appese alle pareti bianche. Colpisce il silenzio. Non ci sono più il bip continuo dei monitor, né i piccoli rumori degli oggetti maneggiati dalla madre Carmen e dall’inseparabi­le Valeria. E non ci sono le voci degli amici, il respiro di quel ragazzo che oggi chissà dov’è. Tutto questo era il suono di Fabo.

Ma resta il ricordo. E anche la battaglia di Fabo. Soprattutt­o quando la tv trasmette le immagini del Parlamento mentre si discute il testamento biologico: “Certo, che delusione! Fabo da lassù avrà pensato che siamo sempre schiavi di questo Stato che si nasconde dietro le poltrone vuote”, si è lasciata scappare Carmen con un amico del figlio.

È PASSATO un mese dal viaggio senza ritorno a Zurigo. Fabo non raccoglie più tutti intorno a sé nella sua stanza. Chi lo ha amato porta con sé la propria scheggia. C’è Carmen, la madre, che ora si chiede come riempire il vuoto senza tradire. Carmen e Valeria l’hanno sempre detto a chi le conosceva: “Noi non pensavamo di fare una battaglia politica, abbiamo solo cercato di aiutare Fabo e di seguire i suoi desideri. Ma abbiamo capito che così poteva servire agli altri...”. La politica che finora è sembrata molto più distante della Chiesa: “Alla fine lì, quando siamo andati a chiedere una preghiera per Fabo, abbiamo trovato una porta aper- ta. Un desiderio di ascoltare, più che di dare lezioni”, racconta chi era vicino a Fabo.

Oggi i giorni di Carmen forse sono come quella stanza. Vuota di oggetti, ma colma di pensieri, ricordi. Sì, anche di vita.

“Sono in India”, risponde Valeria. L’ha detto prima di partire a chi la consolava, a chi la invitava a non farsi schiacciar­e dal ricordo: “Vado a Goa e poi in Nepal per camminare. Ho bisogno di silenzio. Devo pensare”.

“Ce l’ha detto Fabo nelle ultime parole che ha fatto leggere da Valeria in chiesa: la quintessen­za della libertà, quella vera, è dentro di noi. È la libertà di pensare, perdonare, amare. Un uomo tetraplegi­co e cieco può essere più libero di noi”, spiega l’amico Avy Candeli. Così come “straordina­rie sono state Valeria e Carmen, ma proprio perché sono persone normali. Ci hanno fatto vedere che ognuno di noi può fare grandi cose. Fabo alla fine ha saputo capovolger­e le prospettiv­e”.

Ma intanto c’è chi dall’Italia continua ad andare in Svizzera per morire: una trentina nell’ultimo mese, dopo che si sono spenti i riflettori sul viaggio di Fabo (in un anno 392 italiani si iscrivono all’associazio­ne Dignitas).

“IO MI PREPARO a seguire altre due persone”, racconta Marco Cappato dell’associazio­ne Luca Coscioni che per aver accompagna­to Fabiano è stato indagato (sono stati sentiti come testimoni Carmen, Valeria e i condomini). Ma la politica che fa? “Dopo quattro rinvii, almeno la discussion­e della legge sul testamento biologico è calendariz­zata. Martedì comincerà il dibattito”. Con centinaia di emendament­i, però... “Sì, ma ci sono sistemi per contin- gentare la discussion­e. Se ci sarà la volontà politica, si potrà arrivare al voto entro aprile. Poi si arriverà al Senato, a eventuali modifiche, e quindi al passaggio definitivo alla Camera”. I punti chiave sono il testamento biologico vincolato e la possibilit­à di rinunciare all’idratazion­e forzata. Ma Cappato aggiunge: “Si potrebbe inserire una previsione esplicita della libertà di scegliere la sedazione continua profonda. Insomma, un sonno senza risveglio, senza trattament­i che accompagni­no alla morte”. Qualcuno lo considera già implicito nel diritto alle cure palliative.

MA I RISCHI per Cappato sono altri: “C’è l’eventualit­à di un voto contrario, ma è difficile perché la maggioranz­a dei parlamenta­ri e dei cittadini è favorevole. Temo di più i rinvii, quei nemici silenziosi, non espliciti che possono far slittare la legge alla fine della legislatur­a. L’opinione pubblica deve vigilare”.

“Fabiano vorrebbe morire qui, tra le sue cose, in mezzo ai ricordi di quello che è stato”, aveva detto la madre Carmen. Invece è dovuto andare in Svizzera, in un prefabbric­ato di lamiera azzurrina in mezzo ai capannoni.

A Giambellin­o nella stanzetta bianca entra la luce di fine marzo. Fabo non c’è più. Adesso tocca a chi resta ricordare. O dimenticar­e.

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Ansa/LaPresse La battaglia Lo sguardo di Dj Fabo Poi, con la fidanzata Valeria e a fianco Marco Cappato
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