“Dj Fabo da lassù, che rabbia i politici schiavi attaccati alla poltrona”
La mamma di Fabiano ”Cosa direbbe se vedesse il Parlamento che non fa nulla?”. Un italiano ogni giorno va ancora a morire in Svizzera
La stanza di Fabo nella sua casa di Giambellino è stata svuotata subito dopo la morte. Non per dimenticare, ma, al contrario, per non correre il rischio di trasformarla in un santuario. Per non confondere la sua vita con le cose. Oggi rimangono le fotografie appese alle pareti bianche. Colpisce il silenzio. Non ci sono più il bip continuo dei monitor, né i piccoli rumori degli oggetti maneggiati dalla madre Carmen e dall’inseparabile Valeria. E non ci sono le voci degli amici, il respiro di quel ragazzo che oggi chissà dov’è. Tutto questo era il suono di Fabo.
Ma resta il ricordo. E anche la battaglia di Fabo. Soprattutto quando la tv trasmette le immagini del Parlamento mentre si discute il testamento biologico: “Certo, che delusione! Fabo da lassù avrà pensato che siamo sempre schiavi di questo Stato che si nasconde dietro le poltrone vuote”, si è lasciata scappare Carmen con un amico del figlio.
È PASSATO un mese dal viaggio senza ritorno a Zurigo. Fabo non raccoglie più tutti intorno a sé nella sua stanza. Chi lo ha amato porta con sé la propria scheggia. C’è Carmen, la madre, che ora si chiede come riempire il vuoto senza tradire. Carmen e Valeria l’hanno sempre detto a chi le conosceva: “Noi non pensavamo di fare una battaglia politica, abbiamo solo cercato di aiutare Fabo e di seguire i suoi desideri. Ma abbiamo capito che così poteva servire agli altri...”. La politica che finora è sembrata molto più distante della Chiesa: “Alla fine lì, quando siamo andati a chiedere una preghiera per Fabo, abbiamo trovato una porta aper- ta. Un desiderio di ascoltare, più che di dare lezioni”, racconta chi era vicino a Fabo.
Oggi i giorni di Carmen forse sono come quella stanza. Vuota di oggetti, ma colma di pensieri, ricordi. Sì, anche di vita.
“Sono in India”, risponde Valeria. L’ha detto prima di partire a chi la consolava, a chi la invitava a non farsi schiacciare dal ricordo: “Vado a Goa e poi in Nepal per camminare. Ho bisogno di silenzio. Devo pensare”.
“Ce l’ha detto Fabo nelle ultime parole che ha fatto leggere da Valeria in chiesa: la quintessenza della libertà, quella vera, è dentro di noi. È la libertà di pensare, perdonare, amare. Un uomo tetraplegico e cieco può essere più libero di noi”, spiega l’amico Avy Candeli. Così come “straordinarie sono state Valeria e Carmen, ma proprio perché sono persone normali. Ci hanno fatto vedere che ognuno di noi può fare grandi cose. Fabo alla fine ha saputo capovolgere le prospettive”.
Ma intanto c’è chi dall’Italia continua ad andare in Svizzera per morire: una trentina nell’ultimo mese, dopo che si sono spenti i riflettori sul viaggio di Fabo (in un anno 392 italiani si iscrivono all’associazione Dignitas).
“IO MI PREPARO a seguire altre due persone”, racconta Marco Cappato dell’associazione Luca Coscioni che per aver accompagnato Fabiano è stato indagato (sono stati sentiti come testimoni Carmen, Valeria e i condomini). Ma la politica che fa? “Dopo quattro rinvii, almeno la discussione della legge sul testamento biologico è calendarizzata. Martedì comincerà il dibattito”. Con centinaia di emendamenti, però... “Sì, ma ci sono sistemi per contin- gentare la discussione. Se ci sarà la volontà politica, si potrà arrivare al voto entro aprile. Poi si arriverà al Senato, a eventuali modifiche, e quindi al passaggio definitivo alla Camera”. I punti chiave sono il testamento biologico vincolato e la possibilità di rinunciare all’idratazione forzata. Ma Cappato aggiunge: “Si potrebbe inserire una previsione esplicita della libertà di scegliere la sedazione continua profonda. Insomma, un sonno senza risveglio, senza trattamenti che accompagnino alla morte”. Qualcuno lo considera già implicito nel diritto alle cure palliative.
MA I RISCHI per Cappato sono altri: “C’è l’eventualità di un voto contrario, ma è difficile perché la maggioranza dei parlamentari e dei cittadini è favorevole. Temo di più i rinvii, quei nemici silenziosi, non espliciti che possono far slittare la legge alla fine della legislatura. L’opinione pubblica deve vigilare”.
“Fabiano vorrebbe morire qui, tra le sue cose, in mezzo ai ricordi di quello che è stato”, aveva detto la madre Carmen. Invece è dovuto andare in Svizzera, in un prefabbricato di lamiera azzurrina in mezzo ai capannoni.
A Giambellino nella stanzetta bianca entra la luce di fine marzo. Fabo non c’è più. Adesso tocca a chi resta ricordare. O dimenticare.