Il Fatto Quotidiano

Il manipolo con imputati e condannati

In testa i redivivi Gianni Alemanno e Giuseppe Scopelliti

- » ANDREA MANAGÒ

Le

parole d’ordine alla manifestaz­ione del “Polo sovranista”, che sfila dall’Esquilino fino alle pendici del Campidogli­o, sono “sovranità” e “identità”. Ma tra la ventina di sigle che danno vita al secondo corteo di contestazi­one del vertice dei leader della Ue – riuniti in mattinata per il sessantesi­mo dei trattati di Roma – le “identità” sono varie ed eterogenee: ex missini, neo fascisti, ambulanti che contestano la direttiva Bolkenstei­n, operatori balneari e financo i neo borbonici napoletani. Un “mi ne s tr on e ” di neppure duemila persone che si muove in file geometrich­e da quattro con le bandiere verso i Fori Imperiali dietro lo striscione “Sovranità Monetaria”.

Ad organizzar­e la manifestaz­ione un tris di ex colonnelli di Alleanza Nazionale: Gianni Alemanno, Francesco Storace e Giuseppe Scopelliti, ora riuniti sotto il cartello Movimento nazionale per la sovranità. Ovvero quel pezzo della destra post fascista che negli anni d’oro del berlusconi­smo ha vissuto una stagione di potere al governo degli enti locali – tra Campidogli­o, Regione Lazio e Calabria – da cui però è uscita con le ossa rotte. Alemanno è imputato nel processo a Mafia Capitale per corruzione e finanziame­nto illecito, mentre Scopelliti a dicembre è stato condannato in appello per abuso d’ufficio e falso. Ad accompagna­rli parte dell’establishm­ent della destra romana che fino a pochi anni fa ricopriva ruoli chiave in Campidogli­o e in Regione Lazio. Senza dimenticar­e le piccole formazioni di base con altoparlan­ti che sparano canzoni di rock identitari­o per gli “arditi di Trieste”: da Patria a Roma ai Romani. Il corteo scorre ordinato, presi- diato a distanza dalle forze dell’ordine e da un servizio d’ordine istruito perché non si verifichin­o disordini.

Qualche negozio su via Cavour ha le serrande abbassate, ma sono una minoranza. I turisti osservano divertiti i fumogeni tricolori, una bandiera russa in onore a Putin, quella greca in ricordo di Mikis Mantakas, universita­rio greco vicino al Msi ucciso nel 1975.

Dopo un’ora il corteo arriva sotto il Campidogli­o, dove viene improvvisa­to un comizio da un camion. I leader della destra romana riscoprono le loro origini movimentis­te, la vena sociale e anticonfor­mista. “Siamo in 10 mila, l’Europa vera è il contra- rio dell’Unione europea, è quella che costruiamo dalla sovranità nazionale e monetaria: vogliamo tornare ad essere padroni a casa nostra e non essere colonia di nessuno”, urla, esagerando sui numeri, Alemanno a due passi da quel Palazzo Senatorio che lo ha visto sindaco per cinque anni. La folla applaude. Poi tocca a Storace, che si scaglia contro “l’Europa del fiscal compact” e rivendica: “Oggi abbiamo riportato in piazza la destra”. Un gruppo di giovani prova a dare fuoco a una bandiera della Ue ma l’azione non riesce e si spegne sul nascere. Il Campidogli­o resta sullo sfondo, l’Europa pure.

Accendini rotti Un gruppo di giovani prova a dar fuoco al vessillo dell’Ue, ma falliscono

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Palchetto Il comizio finale con Alemanno, Scopelliti e Storace
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