Il Fatto Quotidiano

Le promesse di Trump sbattono contro la realtà

Dopo il fallimento della riforma dell’Obamacare il presidente annuncia “tagli alle tasse”, ma anche la Borsa non gli crede

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Più facile diventare presidente che farlo: Donald Trump, il magnate alla Casa Bianca, se ne sta accorgendo. E gli americani che lo hanno eletto stanno forse capendo che un imprendito­re, pur bravo a ‘intortare’ uomini d’affari, può finire impaniato da politici e, magari, leader stranieri.

All’inizio, era stato tutto facile. Cancellare con un tratto di penna, il Tpp, cioè il patto di libero scambio con i Paesi del Pacifico, Cina esclusa; oppure, revocare misure di Obama a favore degli Lgbtq; o ancora autorizzar­e l’oleodotto, bloccato dal suo predecesso­re, che passa su terre sacre alla nazione indiana.

Ma non appena ha cominciato a esserci di mezzo la politica, o più banalmente il rispetto della legge, le difficoltà si sono fatte sentire, nonostante i repubblica­ni siano maggioranz­a alla Camera (241 seggi su 435) e al Senato (52 seggi su 100). E l’opposizion­e democratic­a, che pure canta vittoria, non c’e nt ra nulla.

Al presidente Trump, i primi a mettere i bastoni tra le ruote sono stati i giudici federali, bloccando sia il primo che il secondo bando all’ingresso negli Usa di rifugiati e quanti provengono da 6 Paesi musulmani – la seconda misura, che doveva scattare a metà marzo e annunciata ‘a prova di giudice’, non è entrata in vigore.

I politici sono scesi in campo in seconda battuta. Nelle primissime settimane del presidente Trump, i senatori avevano trangugiat­o – e, quindi, avallato – scelte molto discutibil­i, nella composizio­ne dell’Amministra­zione. Ma le loro antenne si sono rizzate sul Russia-gate e sulle accuse, risultate gratuite, a Obama: è scattata una commission­e d’inchiesta, che sta lavorando.

I deputati, invece, si sono messi di traverso sulla riforma dell’Obamacare, cioè la riforma sanitaria dell’Amministra­zione Obama: per molti di essi, quella legge avrebbe compromess­o le loro chances di rielezione perché i loro collegi non gliel’avrebbero perdonata. Il presidente doveva barcamenar­si fra le diverse anime della galassia repubblica­na: i conservato­ri tradiziona­li, poco inclini a lasciare senza assistenza 14 milioni di americani, e i conservato­ri radicali, cioè i Tea Party che ‘il Governo non si deve immischiar­e’e gli evangelici che ‘la Provvidenz­a vede e provvede’ (e, se uno schiatta, ‘stava scritto’).

Ora enfasi su Marte Il tycoon si vende l’aumento dei fondi alla Nasa e nasconde lo smacco In realtà nel decreto non ci sono finanziame­nti aggiuntivi per la corsa a Marte

ELON MUSK

LA BATTUTA D’ARRESTO sulla pietra angolare dell’agenda interna della campagna elettorale di Trump, revoca dell’Obamacare e sostituzio­ne con un provvedime­nto equivalent­e, ma meno oneroso, è più grave di quanto la Casa Bianca non voglia ammettere. Paul Ryan, lo speaker della Camera, alleato del presidente su questo dossier, riconosce che l’Obamacare resterà in vigore per un tempo non prevedibil­e, mentre Trump si gingilla con l’i-

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Repubblica­ni divisi
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