Le promesse di Trump sbattono contro la realtà
Dopo il fallimento della riforma dell’Obamacare il presidente annuncia “tagli alle tasse”, ma anche la Borsa non gli crede
Più facile diventare presidente che farlo: Donald Trump, il magnate alla Casa Bianca, se ne sta accorgendo. E gli americani che lo hanno eletto stanno forse capendo che un imprenditore, pur bravo a ‘intortare’ uomini d’affari, può finire impaniato da politici e, magari, leader stranieri.
All’inizio, era stato tutto facile. Cancellare con un tratto di penna, il Tpp, cioè il patto di libero scambio con i Paesi del Pacifico, Cina esclusa; oppure, revocare misure di Obama a favore degli Lgbtq; o ancora autorizzare l’oleodotto, bloccato dal suo predecessore, che passa su terre sacre alla nazione indiana.
Ma non appena ha cominciato a esserci di mezzo la politica, o più banalmente il rispetto della legge, le difficoltà si sono fatte sentire, nonostante i repubblicani siano maggioranza alla Camera (241 seggi su 435) e al Senato (52 seggi su 100). E l’opposizione democratica, che pure canta vittoria, non c’e nt ra nulla.
Al presidente Trump, i primi a mettere i bastoni tra le ruote sono stati i giudici federali, bloccando sia il primo che il secondo bando all’ingresso negli Usa di rifugiati e quanti provengono da 6 Paesi musulmani – la seconda misura, che doveva scattare a metà marzo e annunciata ‘a prova di giudice’, non è entrata in vigore.
I politici sono scesi in campo in seconda battuta. Nelle primissime settimane del presidente Trump, i senatori avevano trangugiato – e, quindi, avallato – scelte molto discutibili, nella composizione dell’Amministrazione. Ma le loro antenne si sono rizzate sul Russia-gate e sulle accuse, risultate gratuite, a Obama: è scattata una commissione d’inchiesta, che sta lavorando.
I deputati, invece, si sono messi di traverso sulla riforma dell’Obamacare, cioè la riforma sanitaria dell’Amministrazione Obama: per molti di essi, quella legge avrebbe compromesso le loro chances di rielezione perché i loro collegi non gliel’avrebbero perdonata. Il presidente doveva barcamenarsi fra le diverse anime della galassia repubblicana: i conservatori tradizionali, poco inclini a lasciare senza assistenza 14 milioni di americani, e i conservatori radicali, cioè i Tea Party che ‘il Governo non si deve immischiare’e gli evangelici che ‘la Provvidenza vede e provvede’ (e, se uno schiatta, ‘stava scritto’).
Ora enfasi su Marte Il tycoon si vende l’aumento dei fondi alla Nasa e nasconde lo smacco In realtà nel decreto non ci sono finanziamenti aggiuntivi per la corsa a Marte
ELON MUSK
LA BATTUTA D’ARRESTO sulla pietra angolare dell’agenda interna della campagna elettorale di Trump, revoca dell’Obamacare e sostituzione con un provvedimento equivalente, ma meno oneroso, è più grave di quanto la Casa Bianca non voglia ammettere. Paul Ryan, lo speaker della Camera, alleato del presidente su questo dossier, riconosce che l’Obamacare resterà in vigore per un tempo non prevedibile, mentre Trump si gingilla con l’i-