“Gauche francese, un po’ Renzi e un po’Varoufakis”
Fabrice Lhomme Il giornalista di Le Monde e la crisi della sinistra
Fabrice Lhomme, che resta della gauche francese al termine della presidenza Hollande? Un campo di macerie. Hollande è stato eletto presidente dopo aver passato più di dieci anni della sua vita alla testa del partito socialista. In teoria nessuno conosceva il Ps meglio di lui. Per anni ha tentato di fare la sintesi tra le varie correnti, all’interno del partito prima, al governo poi. Non c’è riuscito, ma non solo per colpa sua. Le divergenze tra l’ala riformista e radicale non sono mai state così forti.
C’è da aspettarsi una ricomposizione della gauche dopo le elezioni?
Mi sembra inevitabile dal momento che i due campi non condividono lo stesso progetto di società e si accusano a vicenda di tradimento. Data la situazione, si può immaginare un polo di centrosinistra, paragonabile a quello di Renzi in Italia, e una gauche radicale simile a quella di Varoufakis in Grecia. Non ci sarà spazio per una terza forza politica: allora, dove si collocherà il Ps?
Il governo non è in parte responsabile della crisi, dal momento che è stato Manuel Valls, quando era primo ministro, a teorizzare le “due gauche irriconciliabili”? Parlerei di responsabilità, ma non in senso peggiorativo. Valls ha avuto il coraggio di palesare delle divergenze ideologiche. Così facendo ha accelerato la ricomposizione e se ne prende la responsabilità. Nessuno aveva osato farlo prima. Come altre formazioni politiche, anche il Ps avrebbe dovuto cambiare nome, dal momento che l’attuale ala di governo difficilmente si può definire socialista, ma piuttosto social-democratica. Conservando il suo nome, invece, ha alimentato le ambiguità.
Benoît Hamonè stato eletto con un ottimo risultato alle primarie. Come spiega che la sua candidatura non decolla e che, anzi, sempre più socialisti lo abbandonano?
È innanzitutto un problema delle primarie. Hamon si è rivolto al popolo della gauche, ai nostalgici del socialismo tradizionale. Il nocciolo duro dell’elettorato di sinistra, ma che è una minoranza, il 10- 15%. Questa strategia permette di vincere le primarie, non le elezioni. Inoltre, non sta facendo un’ottima cam- pagna. A forza di fare il candidato troppo normale alla Hollande non sembra abbastanza presidente. Sarà Hamon a incarnare la nuova gauche?
Dipenderà dal risultato alle elezioni. Se sarà buono Hamon avrà la legittimità per imporsi. Ma se dovesse essere inferiore a quello di Jean-Luc Melenchon, all’estrema sinistra, allora la sua leadership sarà contestata.
Hollande è stato criticato per 5 anni e obbligato a rinunciare di ricandidarsi. Un’eventuale vittoria di Macron, che è stato suo consigliere e ministro, sarebbe una rivincita per il presidente?
La vittoria di Macron sarebbe in effetti la vittoria ideologica di Hollande. Una volta che con Gérard Davet lo abbiamo incontrato per il nostro libro, Hollande ci ha detto: “Macron c’est moi”. Riprendeva la famosa formula di Flaubert, “Madame Bovary c’est moi”, con cui lo scrittore voleva dire che si identificava con il suo personaggio. Ci ha anche confidato che, secondo lui, sarebbe stato bene che il partito socialista prendesse il nome di partito progressista. Si può parlare di rivincita? In fondo Macron gli ha rubato l’idea e il posto. Hollande avrebbe voluto farne il suo successore. Macron invece non ha aspettato che il posto si liberasse, se l’è preso con la forza. Perché Hollande non esprime preferenze? Dovrebbe scegliere tra due traditori: Hamon che lo ha tradito politicamente e Macron che lo ha tradito umanamente. Probabilmente la posizione del capo dello Stato al di sopra di tutto gli fa comodo. Interverrà tra i due turni, quando si tratterà di barrare la strada a Marine Le Pen. François Fillon, indagato nel Penelopegate, accusa Hollande di aver complottato contro di lui. Che ne pensa?
Penso che Fillon è nel panico e non sa più cosa dice. È diventato il Trump francese. Accusare Hollande di avere un cabinet noir è assurdo. Sarkozy ne aveva uno quando era all’Eliseo, Fillon era il suo primo ministro e ne conosceva i metodi. Hollande avrà altri difetti ma ha sempre rispettato l’integrità della giustizia. Non c’è complotto. C’è invece una classe politica non esemplare. Inoltre i giudici non hanno più paura di intervenire durante la campagna elettorale e noi giornalisti indaghiamo di più.
L’ERRORE ”Benoit si è rivolto ai nostalgici del socialismo tradizionale, una minoranza. È una strategia che fa vincere le primarie, non le elezioni”