Io ho torto marcio, ma voi lasciatemi parcheggiare in pace
Se scopi come parcheggi è giusto che hai le corna”.“Cretina, almeno mettiti dritta”. “Troia”. I messaggi sul cruscotto della (mia) automobile vanno dal genere fantasioso/ironico, all’insulto con venature paternaliste passando per l’epiteto classico/tradizionale. Ma non di sole parole vive l’uomo. E dunque, ci sono le strisciate sulla fiancata con le chiavi, i tergicristalli piegati, gli specchietti retrovisori spaccati, le gomme bucate e ogni tanto persino i cerchioni rubati.
Da quando guido (quindi, purtroppo, parecchio più di un decennio) credo di aver sperimentato ogni tipo di protesta all’indirizzo dei miei parcheggi in particolare e del mio modo di stare sulla strada in generale.
Ci sono quelli che se per caso vado troppo piano o sto troppo al centro della strada in un nano-secondo abbassano i finestrini, mi fanno il dito medio, o addirittura mi minacciano col pugno e mi urlano qualsiasi cosa gli venga in mente, con tutto il fiato che hanno in gola. Io li guardo mentre diventano paonazzi, sperando che non decidano direttamente di mettermi le mani addosso. “E non ti sorge il dubbio di avere torto marcio?”, mi chiedereste voi se foste qui con me. “Nessun dubbio. Solo una certezza: ho torto senza se e senza ma”. La risposta è semplice e diretta.
Per carità, io rivendico di avere una mia etica: non parcheggio mai nel posto disabili, mai davanti a uno scivolo, evito i passi carrabile, le entrate dei negozi, gli spazi per i tavolini dei ristoranti. Non faccio mai sorpassi a destra. Però, sono un’automobilista indubbiamente indisciplinata. Irritante e fastidiosa. Un po’ per quel pizzico di follia anarchica che ho nel Dna: mi ricordo tragitti in macchina con mio padre, che in genere collezionava più infrazioni che chilometri.
UN PO’ PER INNATAdistarzione. Un po’perché la vita è troppo complicata per doversi davvero preoccupare di non lasciare la macchina in divieto di sosta. Vivendo al centro di Roma, per di più. Io trovo insopportabili frasi tipo: “No, al cinema non vengo, perché non voglio spostare la macchina”. Ma lo so, sono francamente e ineluttabilmente indifendibile. E infatti accolgo i vigili che mi consegnano contriti le multe, commentando: “Mi piace- rebbe qualche volta portarle qualcosa di bello”, con un gran sorriso. Pago tutto, fino all’ultimo euro, senza battere ciglio. Non reagisco agli insulti live. Non impreco contro chi mi costringe a cambiare i tergicristalli a ritmi record. E non cerco mai la giustificazione, che pure, sarebbe facile. Tipo: “Ehi tu, perché ti sei inventato un passo carrabile, che non esiste?”. “Ehi tu, perché vai a 100 Km all'ora a Roma, come se non ci fosse un pedone?”. Oppure, “Ehi tu Autorità (a caso) perché hai ridotto i parcheggi nei vicoli del centro?”. Ecc., ecc. Non mi viene neanche in mente. Non ho tempo, non ho voglia, non ho energia.
E allora, vorrei dire solo a quelli che passano il tempo a insultarmi: “Io espio tutte le mie colpe, tranquilli. Ma voi, sicuri che non avete proprio niente di meglio da fare che perdere il vostro tempo a prendervela con me?”.