Verdone: “Non sono un medico, ma solo un antidepressivo”
Carlo Verdone Nella giornata mondiale della depressione l’artista si confessa: “Ho visto tanti morire, non si deve far finta di nulla”
“Prima di tutto ci tengo a dire una cosa: non ho mai detto di essere un medico e non mi sono mai finto tale”. Carlo Verdone è un esperto di medicine e conosce la depressione, anche se non ne ha mai sofferto. Ogni giorno gli amici le telefonano per avere consigli.
A qualsiasi ora del giorno. Anche a cena: con una mano mangio e con l’altra do consulenze. È una passione che ho sempre avuto. Una passione privata. Non ho lauree, formulo solo ipotesi e poi dico sempre di andare da un medico vero. Altrimenti sarei un pazzo. Questa passione mi ha anche procurato la nomea di ipocondriaco.
Lo pensano in tanti.
Non lo sono mai stato. Come non sono mai stato depresso. Ho sofferto di attacchi di panico per sei/sette mesi, nel 1979, quando ho patito il passaggio da ragazzo timido a persona famosa. Ero a inizio carriera e quella nuova vita mi faceva molta paura. Ne sono uscito senza tanti farmaci, ci tengo a dirlo, e con un bravissimo psicologo. Lì sono guarito.
Però nel 1992, tredici anni dopo, è tornato sul tema. Con Maledetto il giorno che ti ho incontrato. In quel periodo avevo una raffica di amici che andavano dallo psicanalista e si riempivano di ansiolitici e antidepressivi. Era proprio una moda. Ti tradivano? Andavi dallo psicanalista. Ti lasciavano? Andavi dallo psicanalista. Woody Allen, con i suoi film, ci era arrivato come minimo dieci anni prima. Abusare dello p- sicologo è la grande malattia del benessere: una tara dell’Occidente. Un africano non ci va perché ha ben altri problemi: per esempio sopravvivere. Noi, invece, facevamo psicanalisi. Per qualsiasi problema.
Oggi capita persino di più. Nella vita reale e in tivù. Basta pensare a In Treatment. Venticinque anni dopo vedo problemi più gravi. Il centro di tutto, la famiglia, è saltato: in casa non ci si parla più. La famiglia è profondamente in crisi e da lì deriva tutto. La società attuale ci porta a vedere il futuro non come una promessa, ma come una minaccia. Tanti giovani disoc- cupati perdono persino la voglia di cercare lavoro: si arrendono prima. Sono talmente depressi che neanche ci provano. E invece bisogna lottare: fino in fondo. Anche un attore può essere un antidepressivo.
Mi è stato detto, sì. Tempo fa una signora si avvicina: “Mica rifarà un’altra Grande Bellezza?”. Io le chiedo se quel film non le fosse piaciuto. La signora, poco convinta: “Ma sì, però lei deve fare le commedie. Mica posso privarmi del mio antidepressivo personale. Non faccia cazzate, Verdone”.
Una bella soddisfazione. E una bella responsabilità. Negli ultimi due anni ho visitato tanti malati, spesso molto gravi. Quasi tutti non ci sono più. È una cosa che ti fa male, ma che ti fa anche sentire utile. Provo a regalare un po’ di sorriso e un po’ di malinconia, perché di sicuro nei miei film c’è anche quella. Qual è la migliore pillola antidepressiva creata da Verdone?
Proprio Maledetto il giorno che ti ho incontrato. Io e Francesca Marciano abbiamo scritto un film molto intelligente. È una grande dichiarazione di debolezza dei due protagonisti, che porta lo spettatore a non fare l’eroe ma ad ammettere i propri problemi. Per me e Margherita ( Buy, ndr) più che un film fu una gigantesca operazione di autoanalisi: ci siamo raccontati e messi a nudo.
È il consiglio che dà a chi è depresso?
Esatto: non fare finta di nulla e raccontare i propri problemi. Magari a un amico, che può davvero essere un tesoro. Mi terrorizza chi si cura da solo e abusa dei farmaci. Le benzod iazep ine sono una grande invenzione, ma bisogna dar retta a Carlo Linneo: i farmaci migliori vanno usati poco e per poco tempo. Mi ha colpito lo studio recente di un’anziana scienziata di Newcastle.
Cosa diceva?
Ha preso in cura cento persone che usavano, anzi abusavano di un noto ipnoinducente e di un famoso antipanico. Più li usavano e più ne avevano bisogno. Per disintossicarli tutti ci ha messo un anno. Un anno intero. Alla fine ha usato queste parole: “Sarebbe stato più facile disintossicare dei dipendenti da cocaina”.
Una signora mi ha detto: ‘Non farà mica un’altra Grande bellezza? Deve farmi ridere, non faccia cazzate’