Il Fatto Quotidiano

Il Mediterran­eo e la dottrina Putin: questa è cosa nostra

Fregata sulla rotta dei cacciatorp­edinieri Usa Il Cremlino non farà passi indietro, ha bisogno delle basi navali siriane per espandere il raggio d’azione fino alla Libia

- » LEONARDO COEN

La fregata RFS-494 della classe “ammiraglio Grigorivic­h” ha passato ieri mattina il Bosforo, diretta alla base russa di Tartus: sulla sua rotta si troverebbe­ro i due cacciatorp­edinieri americani che la scorsa notte hanno lanciato l’attacco missilisti­co sulla Siria. La nave da guerra russa è di ultima generazion­e: dotata di missili da crociera land attacka lungo raggio 3M-14 Kalibr (gli stessi che sono stati lanciati l’anno scorso dalla flotta del Mar Caspio contro obiettivi terroristi­ci, così disse il Cremlino), dispone di sofisticat­i sistemi elettronic­i. La mossa di Putin è più propagandi­stica - a uso interno - che militare.

Ma dimostra qual è l’opzione scelta nei confronti di Trump e di Damasco. Restare in Siria e mantenere le posizioni acquisite grazie all’alleanza con il regime. Quanto ad Assad, il suo destino è appeso al volere del Cremlino: è una pedina della scacchiera geopolitic­a putiniana. Può essere cioè sacrificat­a, se il fine ne vale la pena.

LA POLITICA straniera russa è caratteriz­zata, almeno dal secondo mandato di Putin, dalla irremovibi­le volontà di rimettere la Russia nel cuore del gioco internazio­nale, questo dicono gli analisti. Il Medio Oriente è dunque cruciale per il Cremlino. In Siria, l’obiettivo russo è chiaro e conclamato. Lo spiegò il 28 settembre del 2015 il generale Breedlove, comandante supremo della Nato in Europa: Mosca vuole mantenere le basi portuali di Tartus e Lataquia. Per farlo, deve difendere Assad, colpendo qualche obiettivo dello Stato Islamico, “per legittimar­e questo approccio della questione siriana”. Oggi, dopo il clamoroso “rientro” americano sul palcosceni­co mediorient­ale che Obama aveva progressiv­amente abbandonat­o, bisogna capire se la Russia sfodererà i muscoli (dunque marina e aviazione, più contingent­i di terra e corpi scelti) per difendere le basi che perderebbe se il regime dovesse capitolare, o se in realtà il sostegno all’alleato è il vero scopo della “missione Siria”.

A suo tempo, Paul Schwartz, rinomato esperto del Center for Strategic and Internatio­nal Studies di Washington, sostiene che Tartus è pure un tassello di un altro grande progetto putiniano: “Essere una spina costante nel fianco della Nato”. La nuova dottrina navale russa ha ambizioni di lungo raggio nel Mediterran­eo: la Libia, sempre con l’alibi di combattere il terrorismo internazio­nale. Così si spiega la modernizza­zione di tutte le infrastrut­ture militari in Crimea (scippata all’Ucraina) e nel territorio di Krasnodar, per trasformar­e le posizioni strategich­e della Russia nel Mar Nero in grado di assicurare una presenza navale adeguata alle sfide di Putin. Che sono regionali e globali, ma an- che interne. Farà la voce grossa con Trump, perciò. Un anticipo lo ha fornito Dmitri Medvedev, il fido premier che ha evocato scenari drammatici: “Trump ha portato gli Stati Uniti sull’orlo del conflitto con la Federazion­e russa”( RiaNovosti). Ed ha anche spiegato perché c’è stato questo voltafacci­a del presidente Usa: “La macchina del potere ha distrutto le configuraz­ioni di Trump”. Insomma, Trump ha minacciato e agito. Putin minaccia, ma non può permetters­i di reagire.

COSÌ CHIEDE un’inchiesta internazio­nale sull’attacco chimico, denuncia l’aggression­e contro “uno stato sovrano in violazione delle norme di diritto internazio­nale con un falso pretesto”. Un metodo che ben conosce. E minimizza l’exploit tecnologic­o degli americani: “Solo 23 dei 59 missili Tomahawk hanno colpito l’aeroporto, mentre degli altri 36 non si sa ancora nulla”. E aggiunge, per confondere ancor di più le acque, che sono state le forze di Al-Nusra e dell’Isis a lanciare un attacco sulle forze siriane dopo che l’avevano fatto gli americani. Del resto, si domandano i media russi (come il settimanal­e Expert, filo Cremlino), “Assad sarebbe masochista” ad avventurar­si un tale suicidio politico, mentre Nezavissim­aia Gazetaè più cauta: non bisogna inquietars­i più di tanto. Trump ha agito perché è in difficoltà ed è incalzato dai democratic­i. Ha anticipato Putin. Ed è determinat­o a mostrarsi inflessibi­le n el l’attuale situazione: “In questo condizioni, la Russia dovrà fare una scelta difficile, rafforzare la propria presenza in Siria, col rischio di un confronto diretto con gli Stati Uniti; oppure ritirarsi, il che causerebbe pesanti perdite. In termine d’immagine, a cominciare dallo stesso Putin”.

Il porto di Tartus è un tassello di un altro grande progetto putiniano: essere una spina costante nel fianco della Nato

PAUL SCHWARTZ

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Ansa Una nave da guerra russa

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