Ma ora l’affare Acqualatina si complica
I sindaci e due pareri legali ostacolano il sogno di egemonia del colosso romano
Si
complica l’acquisizione da parte di Acea della società di gestione degli acquedotti del Sud Pontino, Acqualatina, operazione partita più di un anno e mezzo fa e che permetterebbe alla multiutility romana di diventare monopolista del servizio idrico nel Lazio. Dopo l’opposizione di alcuni sindaci – primi fra tutti Damiano Coletta di Latina (Lista civica) e Angelo Casto di Nettuno (M5s) – ora i dubbi arrivano dal fronte legale.
L’AUTORITÀ d’ambito (Ato)– ovvero l’organo di regolazione del servizio che riunisce i sindaci dalla provincia di Latina – e il consiglio di amministrazione di Acqualatina hanno chiesto due pareri “pro veritate” sulla legittimità dell’operazione. Per l’Ato ha risposto Al- berto Lucarelli, docente dell’Università di Napoli Federico II, ex assessore della giunta de Magistris e tra i promotori del referendum sull’acqua. Il parere boccia in pieno l’acquisizione da parte di Acea delle quote di Veolia in Acqualatina, perché – ritiene Lucarelli – per poter sostituire il socio privato sarebbe stata necessaria una gara pubblica.
Molto più duro è il secondo parere chiesto dal consiglio di amministrazione di Acqualatina e inviato in questi giorni ai sindaci. Raffaele Di Raimo, docente di diritto societario a Salerno, ricostruisce le fasi preliminari dell’operazione di acquisizione da parte del gruppo romano, iniziate nel novembre del 2015. Tecnicamente Acea assumerebbe il controllo della parte privata di Acqualatina acquistando le azioni della francese Veolia nella società Idrolatina, che a sua volta possiede il 49% del gestore delle acque del Sud Pontino. Quando iniziano le trattative, un anno e mezzo fa, Acea chiede tutte le informazioni a Veolia, per poter valutare il prezzo e i tempi per l’acquisto: “Questa prima comunicazione presenta caratteri peculiari, per non dire anomali, che fin dal principio aiutano a inquadrare la singolarità ovvero l'anomalia della vicenda”, scrive Di Raimo. In questo passaggio – spiega il parere legale – gli unici interessi in gioco erano quelli dei due privati, la francese Veolia e la romana Acea, e la società partecipata al 51% dai Comuni “avrebbe ben potuto negare l'autorizzazione all'accesso alle informazioni relative alla propria attività”.
IL VERO nodo si materializza quando il Cda di Acqualatina chiede a sua volta ad Acea i dati societari e finanziari, necessari per esprimere il gradimento all’ingresso del nuovo socio, come prevedono le norme approvate con la concessione del 2002. I due gruppi multinazionali – attraverso la società veicolo Idrolatina – a questo punto si chiudono: Idrolatina nega la “collaborazione e assume un atteggiamento opaco la stessa aspirante acquirente Acea spa”, spiega Di Raimo. “In particolare, assumono rilievo – prosegue il parere – in questo senso i documenti, minimali e poco conferenti, inviati da Acea e poi da Idrolatina ad Acqualatina, a fronte di una relativa richiesta chiara e ben dettagliata”. In sostanza alla richiesta di poter visionare i conti e i progetti d’investimento di Acea, il Cda della società pontina e i soci pubblici – ovvero i sindaci – si vedono recapitare un documento di poche pagine, molto simile a una brochure promozionale. Un’operazione che potrebbe configurarsi “una scalata pura e semplice, senza trattative né garanzie”. I sindaci intanto si preparano a far saltare l’operazione, diffidando Veolia e Acea dal chiudere la trattativa. Il passo successivo sarebbe a quel punto l’avvio della ripubblicizzazione del servizio idrico, con il rischio di trovarsi dall’altra parte del tavolo il nuovo Cda di Acea nominato da Virginia Raggi.