Il Fatto Quotidiano

SICUREZZA: LA GRANDE ILLUSIONE

- » FURIO COLOMBO

Le cose sono complicate, e ogni buona notizia porta altre complicazi­oni. Per esempio dentro la rete scorrono risorse infinite, devi solo conoscerle, prendere e scambiarle. Ma non sai che cosa trovi davanti alla porta di casa quando la apri per entrare nel mondo reale. Non lo sai e non ti fidi. Poiché siamo avvertiti in tempo e in anticipo di quasi tutto, (a che ora ci sarà il temporale) la felice e rischiosa discontinu­ità della vita diventa un blocco di notizie e di dati che si possono (si devono) controllar­e. Entrano nella nostra vita due guardaspal­le che sono la sicurezza e il controllo. Non un controllo vero su ciò che accade, ma una serie di preavvisi su ciò che potrebbe accadere. Non sono benevoli i preavvisi, e non facilitano il contatto, perché non sei mai abbastanza sicuro, e non ti devi fidare mai.

I PUNTI DI PASSAGGIO degli aeroporti internazio­nali sono diventati il simbolo del nostro tempo e del nostro mondo. Macchine scrutano ogni dettaglio di un corpo e realizzano “la trasparenz­a” che viene tanto invocata in politica. Manca l’aggancio con i pensieri. Ma potrebbe avvenire in ogni momento e ci sembrerà una notizia ovvia. Comunque ciò che avviene ai diffidenti confini dei Paesi del mondo è già un anticipo. Da una parte si troveranno tra poco (sempre di più dopo ogni nuovo grave shock di paure e terrore) metodi sempre migliori per collegare ciò che si vede con ciò che si teme. Dall’altra, nel mondo dei robot e dell’intelligen­za artificial­e in arrivo, nessuno resterà più il titolare esclusivo di se stesso. Tutto dunque è predispost­o per cauterizza­re gli affetti, fare in modo che le emozioni e i sentimenti non abbiano più alcun ruolo. Due conseguenz­e: il comportame­nto dei cittadini, che non apprezzano cause e ragioni ideali. E il mutamento della immagine del leader. Non importa che sia arido, conta che sia deciso a tutelare la sicurezza. Naturalmen­te mi riferisco alla sicurezza nei confronti dei migranti e al pericolo che fatalmente portano con sé o come terroristi o come ladri di lavoro o come potenziali malati, naturalmen­te infetti- vi. E a una leadership adatta a confrontar­si con questo problema. Mi rendo conto di avere descritto un paesaggio nazionale incredibil­mente modesto. Ma lo è. Il Paese è privo di politica estera, e non immagina di darsi alcuna regola di condotta nei confronti dei luoghi e problemi del mondo, che non sia di convenienz­a o di subordinaz­ione. Circola simpatia per Putin perché ha forza, potere, danaro, nessun ideale o scrupolo, è in grado di liberarci da un ostacolo senza discorsi inutili, porta energia e accetta prodotti. Aumenta la simpatia per Trump, perché chiude i confini senza preavviso e senza riguardo alla vita degli altri. Basta che dichiari la ragione: sicurezza. E la simpatia per Trump rimane e tende a crescere persino se Trump sta minacciand­o dazi durissimi alla Vespa e ai formaggi italiani. Infatti non dispiace quel suo “America First” che può essere tradotto dovunque “prima noi”, e ti conferma che ci sono una immensità di ragioni per diffidare. Chi resta fuori dall’America (o da ciascuno dei nostri Paesi) resta fuori anche se è il prossimo Premio Nobel. La sicurezza non guarda in faccia a nessuno. Obama è stato l’ultimo presidente portatore di ideali, valori, diritti. Si sono trovati molti modi diversi per screditarl­o senza dire le vere ragioni: era nero, non ha fatto guerre e ci voleva costringer­e a un minimo di fraternità con gli esclusi del mondo. Era un lusso da élite e da establishm­ent. Adesso è necessaria, ti dicono, una politica senza ideali e senza orizzonti. Papa Bergoglio è un ingombro. È chiaro e tenace. Ma è come la confession­e per tanti cattolici. Ti senti prosciolto, sollevato, e ricominci subito da capo.

NON C'È UNA REGOLA di condotta italiana verso l’Europa, di cui siamo membri fondatori, che non sia di discussion­e, anche aspra, sul costo del biglietto, bravi a chiedere lo sconto, ma non a fornire idee o visioni. E così Francia e Austria ci hanno chiuso le frontiere e noi accettiamo, alla cieca, di aiutarli prestando anche la nostra polizia (ci credereste? Pattuglie miste di agenti italiani e francesi per impedire il passaggio in Francia e aumentare il tappo italiano). Come soluzione ai nostri problemi, ci è venuto in mente di essere disposti a tutto in Libia. Dunque abbiamo assoldato tutte le bande armate che vagano in cerca di preda nel deserto libico, per farne la guardia (con le modalità che vorranno) alla nostra sicurezza. In questo modo pensiamo di avere risposto alle richieste della nuova leadership. Allineati con molti altri Paesi un tempo orgogliosi della loro modernità, siamo un Paese gelido e senza volto dove i turisti trascorron­o un giorno, cercando di non spendere, e i rifugiati restano una vita ad aspettare di sapere il loro destino. Oppure vengono respinti o “rimpatriat­i”. E ci dicono che adesso siamo al sicuro.

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