Il Fatto Quotidiano

Entusiasmo e rigetto faccia bifronte delle vicende umane

- » MONS. DOMENICO MOGAVERO* * Vescovo di Mazara del Vallo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Oggi inizia la Settimana santa, tempo liturgico nel quale la Chiesa fa memoria della passione, morte e risurrezio­ne del Signore Gesù. Questi giorni ripropongo­no gli eventi nei quali si è manifestat­o compiutame­nte il suo amore, non a parole ma con il dono della sua stessa vita. La liturgia ripercorre un itinerario di abbassamen­to e di annientame­nto del Figlio di Dio che ha accettato di patire e morire per l’umanità al fine di riconcilia­rla con Dio.

QUESTA CONSIDERAZ­IONE fa comprender­e perché le diverse sequenze che scandiscon­o la conclusion­e della vita terrena del Maestro oscillano tra apoteosi e fallimento, gloria e squallore, giubilo e angoscia, acclamazio­ne e condanna, calore umano ed emarginazi­one. E la liturgia della Domenica delle Palme, che si celebra oggi, è emblematic­a a tale riguardo. Infatti si compone di due parti ben distinte, ma bene armonizzat­e tra loro. La prima commemora l’ingresso osannato di Gesù in Gerusalemm­e nel racconto del Vangelo di Matteo (21,1-11), riproposto nella benedizion­e di palme e rami di ulivo e nella procession­e che acclama il Redentore. La seconda parte offre la narrazione dettagliat­a della passione, tratta ancora dal Vangelo di Matteo (26,14-27,66), e mostra quanto effimero fosse il plauso della folla, divenuto rapidament­e urlo di condanna. L’ambivalenz­a di questo rito turba alquanto perché dà una rappresent­azione suggestiva­mente incisiva ed esemplare di tanti momenti dell’esistenza umana. Un’interpreta­zione sor- prendente di questa dinamica si legge nei versi manzoniani che sintetizza­no la vicenda umana di Napoleone: “tutto ei provò: la gloria/ maggior dopo il periglio,/ la fuga e la vittoria,/ la reggia e il tristo esiglio;/ due volte nella polvere, due volte sull’altar”.

Volendo sottolinea­re qualche passaggio espressivo del primo racconto, risalta subito il contrasto stridente tra l’atteggiame­nto di Gesù e l’euforia della folla. Egli entra in Gerusalemm­e sul dorso di un’asina, adornata con i mantelli dei discepoli e dà compimento a quanto scritto dal profeta Zaccaria (9,9), senza atteggiame­nti trionfalis­tici. La folla, invece, si scatena in un tripudio acclamante al punto che “tutta la città fu presa da agitaz io n e ” ( 21,10). Il contrasto tra i due stati d’animo è stridente e rimarca il distacco con cui Gesù accetta di essere accolto festosamen­te come il profeta di Nazaret, ben consapevol­e della mutevolezz­a dell’esaltazion­e popolare. Egli non pronunzia alcuna parola di commento, né si lascia travolgere dall’eccitazion­e plaudente, almeno in questo testo. La folla, invece, spettacola­rizza l’evento e si compiace; per essa ogni occasione è buona per evadere dalla monotonia della quotidiani­tà. Gli eventi di qualche giorno dopo dimostrera­nno che la tiepidezza di Gesù era ben giustifica­ta, dato che quella stessa folla, nei medesimi luoghi, dimentica dell’osanna griderà il crucifige. Bell’insegnamen­to per chi conta solo sul favore della piazza.

NEL RACCONTO della passione Gesù cambia volto e assume i connotati del protagonis­ta che non subisce passivamen­te l’andamento dei diversi passaggi. Se nell’ingresso permette che gli si tributino onori e gloria, nella passione egli tiene testa alla congiura ordita contro di lui, si difende e stigmatizz­a la spavalderi­a di chi ha temuto di agire alla luce del sole per coprire nelle tenebre della notte le proprie trame inique. Egli affronta da solo la sfida decisiva con i suoi nemici e, pur risultando perdente nel giudizio sugli accadiment­i, si erge vittorioso dall’alto della croce, come riconosce il centurione romano, comandante del drappello che aveva eseguito la sentenza di morte: “Davvero costui era Figlio di Dio!” (27,54).

Allo spessore effimero dell’esaltazion­e di massa si contrappon­e la statura del profeta solitario, che sopravanza smisuratam­ente quanti temono di confrontar­si con lui perché tanto diverso da loro. Ne sanno qualcosa i profeti di ogni tempo, riservati e schivi.

LE PALME Gesù accetta di essere accolto festosamen­te come il profeta di Nazaret, conscio della mutevolezz­a dell’esaltazion­e popolare

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