Il Fatto Quotidiano

Renzi fa incetta di delegati Franceschi­ni fuori dai giochi

Segretario pigliatutt­o 700 delegati alla mozione dell’ex premier, 480 i suoi. In corso le trattative per la direzione, che sarà eletta domenica. Orfini presidente

- » WANDA MARRA

Domenica sera, mentre al Nazareno si facevano i conteggi dei voti (e dell’affluenza), Dario Franceschi­ni diventava sempre più scuro. Perché un solo risultato delle primarie è stato evidente fin da subito: Renzi ha blindato il Pd, ridimensio­nando anche gli alleati della sua mozione, grazie a un lavoro “scientific­o” sulle liste dell’Assemblea. Primo tra tutti, il ministro della Cultura, non a caso non citato nei ringraziam­enti del “discorso del ritorno” sul palco domenica. La “non” campagna congressua­le aveva come parola d’ordine il “Noi”, ma “Io” non aveva nessunissi­ma intenzione di cedere potere. Tanto è vero che adesso è serratissi­ma la trattativa sulla Direzione (il vero parlamenti­no del Pd, quello che vota ogni decisione). Sarà eletta domenica, alla prima riunione della nuova Assemblea, con i nomi decisi prima.

IERI LA COMMISSION­E congresso, dopo 4 giorni, ha reso noti i risultati definitivi. I votanti totali sono stati 1.838.938, i voti validi 1.817.412. Renzi ha preso 1.257.091 voti, pari al 69,17%, Orlando 362.691, ovvero il 19,96%, Emiliano 197.630, il 10,87%. Dunque, dei 1000 componenti eletti, Renzi ne prende 700, Orlando 212, Emiliano 88. Ma per leggere questo risultato è importante la ripartizio­ne interna. I dati forniti dai vertici del Nazareno (renzianiss­imi) dicono che il neo segretario da solo ha 480 delegati, Franceschi­ni tra gli 85 e i 90, il ministro Martina 65, Matteo Orfini tra 55 e 60. La guerra di cifre è in corso: per Area Dem, i loro sono 150; così come Martina e soci sostengono di essere circa 90. Persone come Ettore Rosato, Emanuele Fiano, Antonello Giacomelli, per esempio, sarebbero in quota all’ex ministro della Cultura, ma ormai sono votati al Capo. Ecco spiegate le differenze nei conteggi. Ci sono anche una serie di personaggi di frontiera, ma l’ex premier ha comunque guadagnato un vantaggio schiaccian­te. Tra i 480 contati come suoi, ce ne sono poi 150 che fanno capo a un’area ( non una corrente) che va da Lorenzo Guerini a Beppe Fioroni, passando per Matteo Richetti e Graziano Delrio. I 330 che restano sarebbero sempliceme­nte renziani, anche se ci sono le suddivisio­ni tra vicini a Maria E- lena Boschi e a Luca Lotti. Nessuno dei due ha una corrente ufficiale ed è quindi difficile contarli, ma il loro peso specifico non è secondario nella trattativa in corso da qui a domenica per la Direzione.

L’ex premier aveva fatto le liste, calcolando di prendere il 65% e di avere comunque la maggioranz­a dell’Assemblea. I 4 punti in più ne hanno ulteriorme­nte aumentato il vantaggio. Una decisione, Renzi, però l’ha presa: Matteo Orfini sarà confermato presidente, un premio fedeltà visto che un bel pezzo della sua corrente ha sostenuto il Guardasigi­lli. Niente verrà invece dato alle minoranze strabattut­e di Or- lando ed Emiliano. Tutto questo produrrà qualcosa in termini elettorali? Non è chiaro.

I SONDAGGIST­I stanno facendo rilevazion­i. Alessandra Ghisleri ha notato un primo effetto positivo, ma va verificato nei giorni. Poi c’è Nicola Piepoli, che per adesso rileva un trend “normale”, né positivo, né negativo e auspica che il Pd si “animi”. Per Swg, il Pd sarebbe al 29,5% (+0,3) e il M5S al 26,7% (-0,6). Interessan­te l’analisi dell’Istituto Cattaneo, secondo il quale circa due terzi dei partecipan­ti alle primarie hanno più di 55 anni: mai, nell’elettorato del Pd, si era registrato un simile invecchiam­ento. In questa fascia d’età è rientrato il 63% dei partecipan­ti: una quota di 23 punti percentual­i superiore al complesso della popolazion­e italiana (secondo i dati Istat, gli over 55 sono il 40%). E ancora: se fino al 2016 i votanti alle primarie Pd erano in media più giovani rispetto all’elettorato del partito, questa tendenza si è capovolta. “Non esiste o sembra essersi esaurito – rileva l’Istituto Cattaneo – un effetto Renzi sul Pd. La base sociale ed elettorale del partito continua a rimanere legata al bacino tradiziona­le dei voti raccolti nel corso del tempo dai principali partiti di centrosini­stra”. I dem guardano già alle prossime elezioni. Prima di tutto le amministra­tive: a giugno si vota in città come Genova, Taranto, Lecce, Cagliari e Palermo. Per molti, anche tra i “renziani”, il primo banco di prova su cui eventualme­nte iniziare a mettere in discussion­e il segretario. All’orizzonte, le Politiche. Non sarà facile per Renzi fare le liste e accontenta­re tutti, con l’idea di un Pd che non sfonda. Quanto al suo destino personale, l’ex premier sta già pensando a un “piano B”: se col proporzion­ale non riuscirà a tornare premier, punta alla Farnesina. L’agenda degli incontri esteri, a partire da quello con Obama, lo dimostra.

I gazebo “anziani” Per l’Istituto Cattaneo sono over 55 i due terzi dei votanti del 30 aprile Addio ‘effetto Matteo’

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Ansa/LaPresse Primi dissidi Il segretario Renzi. A destra, il ministro Dario Franceschi­ni. Sotto, Matteo Orfini
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