Il Moas: “Salvati 35 mila e Soros non c’entra nulla”
In Senato L’associazione maltese nega rapporti con gli scafisti e con il magnate dell’Open society ma tace sui finanziatori. La Guardia Costiera: “Lavorano con noi”
Immigrazione e Ong. Il “c ap pi o” penzola ma il condannato ancora non c’è. E allora la destra si infuria. Anche con la Guardia Costiera italiana. Commissione Difesa del Senato, a Maurizio Gasparri non è piaciuta la lunga e dettagliata relazione del l’Ammiraglio Vincenzo Melone (Comandante generale delle Capitanerie di Porto), e i giudizi positivi sul lavoro delle Ong nel salvataggio dei migranti in mare. E minaccia: “C’è molto da capire sulla condotta della Guardia Costiera”. Ma cosa ha detto l’ammiraglio di tanto scandaloso? “Siamo di fronte ad un problema umanitario epocale e non possiamo voltare le spalle. Noi, ormai, facciamo operazioni di soccorso in un milione centomila quadrati di mare, la metà del Mediterraneo, e non più nei 500mila che ci spettano”. Il motivo? “Davanti alla Libia c’è un buco. La Libia, come la Tunisia, ha ratificato la convenzione di Amburgo, ma non ha mai dichiarato l’area Sar ( Search and rescue)”.
UN PEZZO di mare enorme da controllare, per un fenomeno che “nessuna Guardia costiera al mondo ha mai dovuto affrontare. Con i nostri mezzi non ce la possiamo fare, ecco perché chiamiamo a raccolta tutto ciò che si muove, mercantili e anche navi di organizzazioni non governative”. E allora serve il lavoro delle Ong e delle loro navi. “Salvare vite umane è un obbligo”, ricorda ai senatori presenti l’Ammiraglio Melone. Le Ong “operano sotto il controllo e la supervisione della Guardia Costiera, ma su tutto ciò che avviene al di fuori del soccorso, il prima e il dopo, non vi è, né vi potrebbe essere alcun controllo, né ha alcuna importanza ai fini dell’azione Sar. Neppure sulle rotte seguite, tranne che per quelle organizzazioni che battono bandiera italiana su cui siamo competenti”. Il dramma delle migrazioni e di “migliaia di persone che tentano la traversata su imbarcazioni sempre più precarie, piene all’inverosimile e senza guida, che non sono minimamente in grado di fare una navigazione nel tempo e nello spazio”, non si risolve in mare. “La malattia – ha precisato l’Ammiraglio – si sviluppa a terra”, il soccorso in mare di profughi “non è la causa, né può dare soluzioni”. Tocca alla politica dare risposte. “St r a or di n a r i e”, ha sottolineato Melone.
È lo stesso appello lanciato dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, da Medici senza frontiere e dai vertici della Marina Militare. La politica, però, a Roma come a Bruxelles, è sorda. Non offre soluzioni, strumentalizza, polemizza e scarica i problemi sugli uomini in divisa che operano in mare e sulle organizzazioni non governative.
Ieri è toccato al Moas, una delle Ong finite nel mirino delle accuse sui rapporti con i trafficanti libici, chiarire scopi, fonti di finanziamento e rapporti. Moas, fondata da due cittadini americani, ha sede a Malta, gode di finanziamenti corposi e dispone di strutture di soccorso molto costose, due navi, due droni e un aereo. “Siamo nati nel 2013, dopo una delle tante tragedie del mare avvenuta al largo di Lampedusa, e rispondendo all’appello del Papa (‘rompete la globalizzazione dell’indifferenza’)”.
In quattro anni di attività, precisano i tre rappresentanti ricevuti dalla Commissione difesa del Senato, “abbiamo salvato, assistito e curato 35mila persone”.
NON RIVELANO le “fonti di finanziamento”, neppure l’elenco di donatori, ma un punto fermo lo mettono. “Nessuna donazione dal finanziere Soros e dalle sue fondazioni”. Rapporti con i boss del traffico di carne umana in Libia? “Neghiamo categoricamente che ci siano contatti con i trafficanti in Libia. Operiamo solo in acque internazionali. Unica eccezione per entrare in acque territoriali libiche, è quando ci viene esplicitamente richiesto da Roma”. Dubbi e domande sui bilanci dell’Ong (pubblica- ti, con l’eccezione del 2016) sul sito internet, e sulle fonti di finanziamento, permangono.
QUELLO che fa infuriare Gasparri (“Moas è da manette, altro che premio Nobel”) è l’ammissione di operare in stretto rapporto con il centro nazionale della Guardia Costiera. Le polemiche continuano. Ora nel mirino, con le Ong, c’è la Guardia Costiera. Ieri era il procuratore Zuccaro, ma almeno sulle sue parole, un punto fermo lo ha messo il Csm. Che gli assicura “ogni sostegno possibile affinché le indagini possano svolgersi con la massima efficacia e celerità”.
L’audizione I fondatori: “Entriamo in acque libiche solo quando ce lo chiede esplicitamente Roma” Via libera Dal Csm arriva “pieno sostegno” al procuratore Zuccaro che ha aperto il caso