Il Fatto Quotidiano

Siriani benestanti, curdi e pachistani: la “prima classe” viaggia in barca a vela

Partono dalla Turchia, una ventina nel 2016 e due nelle ultime settimane

- » LUCIO MUSOLINO

“Ho notato un doppio binario. Ci sono viaggi di lusso. Non utilizzano i gommoni, dove si rischia la morte, ma barche a vela. Venti solo nel 2016 sono arrivate sulle nostre coste, nel Crotonese e nel Salentino. Diciamo che trasportan­o la borghesia siriana, profession­isti, medici e ingegneri”.

LE PAROLE del procurator­e di Siracusa Francesco Paolo Giordano fanno pensare a una “prima classe” dei viaggi della speranza. Non tutti i migranti e i rifugiati sono uguali: ci sono quelli che partono dalla Libia su gommoni che rischiano di affondare dopo poche ore e quelli che, pagando di più, viaggiano in barche a vela o a motore guidate da russi e ucraini, l’ultimo anello di un’organizzaz­ione criminale transnazio­nale.

La rotta della “borghesia siriana” passa dalle spiagge turche da dove fino pochi giorni fa è partita una barca a vela, battente bandiera tedesca, con a bordo 35 curdi salvati al largo di Gioia Tauro. Un’altra barca, con 79 migranti, è arrivata a Melito Porto Salvo il giorno di Pasqua, e un’altra ancora a Roccella Jonica a novembre.

Le storie raccontate dai migranti finiscono nei verbali di arresto degli scafisti. Sono diverse da quelle dei disperati che partono dalla Libia. Nuclei familiari che si spostano. Profession­isti, insegnanti, studenti. Come Ahmed, 20 anni, che in Pakistan studiava ingegneria civile. Il padre ha pagato prima 1.300 euro per il suo trasferime­nto a Istanbul e poi altri 5 mila per l’imbarco alla volta dell’Italia. Il suo connaziona­le, Kostantyn, ha deciso di lasciare il Pakistan (“dove lavoravo come ingegnere”) dove gli era stata ritirata la patente e negato il visto per andare in Germania: “L’unico modo per raggiunger­e la mia ragazza– dice – era andando in Turchia. La prima parte del viaggio l’ho affrontata prenotando il biglietto da un’agenzia di viaggi”. Poi la barca: “La navigazion­e è durata 4 giorni. Viste le luci dell’Italia da lontano, i tre uomini ci hanno detto che il viaggio era terminato e che saremmo stati uomini liberi”.

Nahla, invece, è siriana: “Nel mio Paese ero maestra di inglese”. Per viaggiare con la famiglia, “a Istanbul abbiamo corrispost­o 12 mila euro a un mediatore siriano. Solo mia figlia è rimasta in Turchia per studiare”.

Nourma era casalinga. Ha lasciato il marito in Siria e con i due figli minorenni il 20 ottobre ha raggiunto la Turchia: “Fino al 2 novembre siamo rimasti in albergo dove eravamo liberi di muoverci. Siamo stati in attesa di una chiamata telefonica da parte degli organizzat­ori per poterci poi imbarcare verso l’Europa”.

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Migranti in barca a vela

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