Nulla di fatto: la Consulta ancora senza un giudice
Colle ignorato Il Parlamento neanche ieri è riuscito a eleggere il successore di Frigo (quota centrodestra)
Tutto come previsto. Persino il Quirinale, che pure aveva come al solito chiesto di darsi una mossa, registra la cosa come un fatto scontato: il Parlamento anche ieri non è riuscito a eleggere il giudice costituzionale mancante. Il quorum, d’altra parte, è di quelli scoraggianti: maggioranza dei due terzi (pari a 633 voti). E infatti, anche ieri, il vicepresidente della Camera Simone Baldelli ha annunciato: “Nessuno ha raggiunto la maggioranza prescritta”.
È LA SECONDA volta che le Camere mandano a vuoto l’elezione: era già successo l’11 gennaio, quasi quattro mesi fa. Ma non è questa la data più importante da tenere a mente in questa vicenda: la data fondamentale è il 7 novembre 2016, cioè quasi sei mesi fa, 178 giorni oggi per la precisione, cioè il momento in cui Giuseppe Frigo ha lasciato il suo posto da giudice costituzionale per motivi di salute. Da allora, nella sostanziale indifferenza del Parlamento, la Corte costituzionale lavora con una testa in meno: 14 anziché i 15 membri previsti dalla Costituzione, numero che scese addirittura a 13 durante le udienze sulla legge elettorale Italicum ( a febbraio) per l’assenza per motivi di salute dell’ex presidente Alessandro Criscuolo.
Qual è il motivo di questa impasse? Semplice e complicato allo stesso tempo. Ovviamente i gruppi parlamentari tendono ad eleggere giuristi della loro area, quando non ex politici, ma le maggioranze previste (i due terzi per i primi tre scrutini, i tre quinti dal quarto scrutinio in poi) rendono necessario l’accordo almeno dei maggiori partiti. A chi tocca, dunque, la poltrona che fu di Giuseppe Frigo? Nel 2008 l’avvocato Frigo fu eletto su indicazione del centrodestra appena uscito trionfante dalle elezioni Politiche: Silvio Berlusconi voleva il suo ex avvocato Gaetano Pecorella, ma il Pd e Italia dei Valori si misero di mezzo e Frigo fu il nome di compromesso. Solo che adesso il vecchio centrodestra berlusconiano ha un terzo dei voti di allora.
A rigor di logica, il posto spetterebbe al Movimento 5 Stelle, secondo partito per un soffio alle Politiche del 2013, che alla Corte finora ha indicato un solo nome, quello del giurista Franco Modugno, eletto nel 2015 insieme ad Augusto Barbera (indicato dal Pd) e Giulio Prosperetti (proposto da Area popolare, cioè dagli alfaniani). In quota dem è stata eletta, nel 2014, anche la giurista Silvana Sciarra (all’epoca i 5 Stelle incassarono l’elezione al Csm del professor Alessio Zaccaria).
D’ALTRA PARTE è vero che, tra i cinque giudici eletti dal Parlamento (5 li nomina il Quirinale e il resto la magistratura), il vecchio centrodestra non ha più neanche un nome dacché Frigo s’è dimesso e nello schema tripolare i berlusconiani ritengono che la poltrona spetti a loro. In questo alato quanto sotterraneo dibattito di poltronistica costituzionale non si è ancora raggiunto un accordo e dunque si fa in genere finta di niente o, alla peggio, si manda a vuoto lo scrutinio incautamente convocato.
La faccenda è talmente in alto mare che i presidenti di Camera e Senato neanche ci avevano pensato a convocare il Parlamento in seduta comune. Dopo il voto dell’11 gennaio, Grasso e Boldrini s’erano dimenticati di calendarizzare nuovi scrutini fino al richiamo di Sergio Mattarella del 26 aprile: il Parlamento deve approvare una legge elettorale e eleggere il giudice mancante della Consulta. L’obiettivo a breve termine è arrivare al quarto scrutinio per far abbassare il quorum e rendere possibile eleggere un nome indicato dal centrodestra col solo accordo di Pd e alfaniani.