Alitalia, i numeri segreti del bilancio con maxi-perdita
I conti 2016 L’anno si è chiuso con un rosso di 500 milioni, altro buco di 200 nei primi due mesi del 2017. E ora in cassa ce ne sono solo 40
Nel 2015 Etihad ha investito 387 milioni per avere il 49 per cento di Alitalia, ma ora che la compagnia è stata commissariata, il gruppo arabo potrebbe trovarsi a dover pagare un costo pesante della mala gestione di questi anni: i tre commissari nominati dal governo (Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari) hanno iniziato a lavorare ieri. E oltre a cercare di vendere la compagnia, devono stendere una Relazione sulle cause dell’insolvenza che stabilisca le responsabilità e che sia la base per una possibile richiesta di risarcimento dei danni, a beneficio dei creditori di Alitalia. Nessun manager può ripagare le centinaia di milioni vaporizzati, ma Etihad sì. E se i commissari troveranno indicazioni di comportamenti predatori ai danni della controllata – spolpata a spese del gruppo arabo – presenteranno il conto, perché il governo, sotto la regia del ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, è determinato a ridurre al minimo il costo per la collettività della chiusura di questa fase ( il maggiore creditore sarà proprio il governo, dopo il prestito ponte da 600 milioni).
I TRE COMMISSARIhanno iniziato ieri a lavorare sulla base delle cifre del bilancio Alitalia 2016 che non è ancora stato approvato dall’assemblea ma è stato allegato ai documenti del commissariamento in due versioni, quello pro forma al 31 dicembre e la situazione patrimoniale al 28 febbraio.
I numeri, che il Fatto può anticipare, sono quelli di un disastro: le perdite nell’es erc iz io 2016 sono state di circa 500 milioni, che si sommano ai 408 del 2015 e ai 262,1 del 2014. E nei primi due mesi del 2017 il rosso si era aggravato di altri 200 milioni: è vero che l’inizio dell’anno è la parte più difficile (i soldi si fanno nella stagione turistica estiva), ma il dato è comunque peggiore dei 175 milioni di perdita del 2016 nello stesso periodo. Seguendo la tendenza dello scorso anno, a fine 2017 la perdita sarebbe arrivata a 571 milioni. Quei 200 milioni bruciati in due mesi hanno mandato in negativo il patrimonio netto, che era di 100 milioni a fine 2016. I ricavi di gennaio e febbraio e- rano superiori a quelli del 2016, ma di pochissimo, 375 milioni contro 370.
L’analisi della struttura dei ricavi è una delle prime questioni che i commissari stanno affrontando: nei documenti allegati al provvedimento di commissariamento non è ancora risolto il grande mistero di Alitalia, se cioè sia in perdita soltanto sul corto e medio raggio o anche su lungo, quei voli intercontinentali che sono di solito il business più redditizio per le grandi compagnie.
L’unica informazione che si desume dai numeri presentati dall’ormai ex ad Cramer Ball è che Alitalia ha ricavi unitari (la media per ogni passeggero) da compagnia low coste costi unitari da vettore di lusso. Un modello di business che può generare solo disastri, come è successo. La cassa era arrivata a soli 80 milioni alla fine di febbraio, marzo e aprile l’hanno circa dimezzata, restano intorno ai 40 milioni.
Poi c’è la questione dei debiti. Le passività sono arrivate a 3 miliardi, in crescita rispetto ai 2,7 del 2016. I debiti finanziari sono soprattutto verso Intesa e Unicredit, le due banche che sono anche azioniste (ci sono prestiti minori anche da Mps e Popolare di Sondrio). Al 28 febbraio l’indebitamento finanziario corrente risultava di 386 milioni, 144 milioni verso la controllante Etihad, il resto banche. E sui prestiti obbligazionari Alitalia paga un tasso di interesse di circa il 5 per cento. Un’altra voce che ha contribuito a zavorrare la compagnia è quella del leasing degli aerei, la parte contabilizzata come leasing finanziario ammonta a 150 milioni (erano 136 a fine 2015).
I DERIVATI SONO uno degli altri disastri gestionali di cui qualcuno dovrà rispondere: comprati per stabilizzare il costo del carburante – in un momento però in cui il prezzo della materia prima era stabile o in calo – a fine 2015 avevano un valore teorico negativo di 210 milioni di euro. Da allora la situazione è ulteriormente peggiorata e i commissari stanno ragionando sul modo per evitare che questa voragine continui ad allargarsi.
La sfida di Gubitosi, Laghi e Paleari è duplice: da un lato devono mantenere operativa un’azienda che ereditano in queste condizioni disastrose – e la prima tranche del prestito ponte da 600 milioni complessivi serve a questo –, dall’altro devono trovare un compratore che le dia un nuovo assetto azionario e anche industriale (con un grande gruppo capace di valorizzare le sue rotte a lungo raggio, possibilmente). Il primo tentativo sarà per cedere Alitalia in blocco, con l’attuale perimetro aziendale. In assenza di compratori, si procederà a cercare acquirenti per le singole parti.
Chi pagherà il conto
I commissari si sono insediati ieri e lavorano alla relazione sugli errori di gestione. Etihad rischia