Il Fatto Quotidiano

Google cede al fisco italiano e verserà 306 milioni

Dopo i pmCome con Apple, l’Agenzia delle Entrate fa pagare il big digitale. Nel mirino AirBnb. Padoan: sì agli accordi

- » CARLO DI FOGGIA

L’Italia non ha ancora una web tax per far pagare le tasse ai colossi digitali, e così si procede per casi singoli. Dopo Apple, anche Google decide di chiudere le pendenze col Fisco. Ieri ha accettato le richieste dell’Agenzia delle Entrate: verserà 306 milioni di euro, 227 per imposte evase nel 2009-2013, il resto viene dalle dichiarazi­oni fiscali del 2014-2015, rielaborat­e alla luce dell’accordo.

LO SCHEMAè il solito. La prima mossa l’ha fatta la Procura di Milano aprendo un’inchiesta per evasione, che si è chiusa nel febbraio 2016. Il pm Isidoro Palma ha contestato a cinque manager solo il mancato versamento dell’Ires su un im- ponibile di 98 milioni. Nel frattempo, però, è partita l’Agenzia guidata da Rossella Orlandi che dopo un complesso accertamen­to ha presentato il conto. A dicembre 2015 Apple, anch’essa indagata dai pm milanesi, ha chiuso il contenzios­o versando 318 milioni per gli anni 2008-2013 (i primi verbali parlavano di imposte evase per 879 milioni). A quel punto la procura ha chiesto l’archiviazi­one per due manager e accettato il patteggiam­ento per un terzo. Amazon è indagata per un’evasione che la Finanza ha quantifica­to in 130 milioni nel 2009-2014 e ora la palla è passata all’Agenzia. Dal colos- so dell’e-commerce, però, non sembrano intenziona­ti a chiudere il contenzios­o in adesione. Resta in piedi un’indagine simile che coinvolge Facebook, su cui è da mesi partito l’accertamen­to dell’Agenzia delle Entrate. Che – a quanto risulta la Fatto – ha da poco messo nel mirino anche Airbnb, il sito che intermedia gli affitti di case o stanze per brevi periodi. Un’azienda valutata 30 miliardi di dollari ma che, stando al bilancio, in Italia nel 2015 ha versato 45.775 euro di tasse: è controllat­a dalla Airbnb Holdings Llc con sede nel Delaware, un paradiso fiscale degli Stati Uniti.

I MECCANISMI­evasivi sono gli stessi per tutti: i ricavi italiani vengono fatturati in gran parte in altri Paesi, Irlanda per Google e Facebook, Lussemburg­o per Amazon (che però da tempo paga l’Iva in Italia). Stando ai dati dell’Ufficio parlamenta­re di bilancio, dei 637 milioni di ricavi fatti nel 2015 in Italia, Google ne ha fatturati solo 67, il resto in Irlanda, pagando 2,2 milioni di tasse (da ieri il conto è salito almeno a 30 milioni). Facebook ha incassato 233 milioni, ne ha fatturati 7,6 in Italia e ha pagato 200 mila euro di imposte. Le capigruppo irlan- desi sono poi gestite da un paradiso fiscale (le Cayman per Facebook, le Bermuda per Google). Il gigante di Mountain View ha pagato solo 3 miliardi di dollari di imposte sui 67 fatturati nel 2015, un’aliquota del 4,4%.

Ieri Google ha anche accettato di siglare un accordo preventivo col Fisco ( ruling) per alzare i ricavi fatturati in Italia come se avesse una forma di “stabile organizzaz­ione” qui. Così ha fatto anche Apple. Sollecitat­o da Francesco Boccia (Pd), ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha aperto all’idea di una “norma transitori­a” che obblighi le imprese digitali a fare altrettant­o in attesa di una svolta dell’Ocse. Niente web tax, però: Matteo Renzi ha messo il veto.

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Ansa La batosta Google verserà oltre 300 milioni nelle casse dell’erario. Indagini anche su Airbnb

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