Il Fatto Quotidiano

Dibattito davvero poco “presidenzi­ale”: il timore è che in molti disertino le urne

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Quattro elementi mi hanno colpito. Innanzitut­to si è trattato della peggior campagna della storia francese: combattuta, violenta. Inoltre c’è stata una pericolosa banalizzaz­ione nella legittimaz­ione dell’estrema destra, che invece finora in Francia era stata sempre tenuta a bada. Notevole la scomparsa dei partiti tradiziona­li nella corsa all’Eliseo, come anche l’emergere di un movimento fuori dagli schemi come En Marche! di Emmanuel Macron. Ed è proprio Macron ad aver vinto il confronto televisivo, sotto il profilo dello stile, della conoscenza, della competenza. Ha vinto decisament­e rispetto a una Le Pen che ha dimostrato per la prima volta in modo così chiaro la sua totale incompeten­za sui temi concreti. A esempio, quando lei continua dire: chiudiamo le frontiere contro gli attentati, mentre i re- sponsabili sono i ragazzi delle banlieue francesi. Il rischio è che con i sondaggi che danno così alto Macron, convinca molta gente a non recarsi alle urne, pensando che la partita sia già chiusa.

Certo, il leader di En Marche! ha alcune debolezze: molto giovane, ha poca esperienza politica, essendo stato solo ministro, e prima consiglier­e e banchiere. Eppure la sua forza è la competenza su tutti i temi toccati: dall’Europa all’euro, alla reindustri­alizzazion­e. Attenzione però, Le Pen è la conseguenz­a della sconfitta della sinistra, non la causa. La leader dell’estrema destra è stata capace di avere un linguaggio vicino a chi ha perso, a chi si sente minacciato dalla globalizza­zione. Ma il suo è un linguaggio semplicist­ico e che non offre soluzioni concrete. Editoriali­sta del Nouvel Observateu­r

Marine è stata capace di avere un linguaggio vicino a chi ha perso, a chi si sente minacciato

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