Il Fatto Quotidiano

Due ore e mezzo di incomunica­bilità come in un film di Antonioni

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Mercoledì sera il dibattito tra l’ululante Marine Le Pen e l’algido Emmanuel Macron mi è parso la scena di un film d’Antonioni: la prova di una crisi vastissima, sociale e culturale. Due ore e mezzo d’incomunica­bilità, come in quei film di Antonioni. Più che un testa a testa, un corpo a corpo dove le parole - sovente strutture vuote di significat­o - fendevano l’aria come lame di fioretto. Durante tutto questo tempo, abbiamo avuto la conferma che l’estrema destra lepeniana non ascolta. Non accetta confronto ed analisi. Urla e basta. Peggio: sovrasta. Macron rispondeva alle domande dei moderatori, Marine quasi mai, preferiva lanciare accuse. Dunque, il confronto è stato inutile?

No. Ha aiutato in modo decisivo Macron. Perché ha smascherat­o in diretta tv la pochezza delle argo- mentazioni di Marine Le Pen, incompeten­te su parecchi fronti, soprattutt­o su quello cruciale dell’economia e del lavoro. Dove invece Macron si è mostrato esperto ed affidabile: ha affrontato le bordate della Le Pen senza mai perdere calma e sangue freddo. Persino quando Marine ha insinuato che lui aveva un conto alle Bahamas, notizia falsa circolata sui siti che appoggiano la Le Pen, Macron è stato duro nello sguardo e nella smentita. Con inaspettat­a abilità, Macron non ha demonizzat­o l’elettorato del Front National, ha detto di rispettarl­o. Facendo capire che è vittima delle promesse irrealizza­bili propugnate dalla sua leader. Tombale il commiato: “Cara madame Le Pen, lei stia in tv a fare il suo show, tanto io vado all’Eliseo”. Punto d’arrivo, non di ritorno.

La prova di una crisi vastissima sociale e culturale: di una differenza incolmabil­e tra i due

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