Il Fatto Quotidiano

Per Corbyn e Farage una sconfitta a puntate

Laburisti e nazionalis­ti accomunati dal flop in Scozia, Galles e Inghilterr­a

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Se

il voto amministra­tivo varrà come test per le prossime elezioni politiche, convocate da Theresa May per l’8 giugno, il leader laburista Jeremy Corbyn dovrà rivoluzion­are la sua strategia, finora fallimenta­re. Ed ha meno di 5 settimane per riuscirci.

Nel giorno in cui il principe Filippo, alla rispettabi­le età di 95 anni, annunciava il ritiro dagli impegni ufficiali gli elettori hanno votato per il rinnovo di tutte le amministra­zioni locali di Scozia e Galles e di 34 in Inghilterr­a.

Una consultazi­one vissuta come la prova generale delle elezioni politiche ormai vici- ne. O, come scrive senza eufemismi il Guardian, ‘l’anticipazi­one dell’entità della sconfitta che il Partito Laburista rischia di subire alle elezioni nazionali”.

I dati non sono ancora definitivi, ma l’esito sembra essere in linea con le previsioni. Secondo la Political Studies Associatio­n, sui 1.535 che controlla il Labour perderebbe più di 150 seggi, di cui la metà in Galles, dove i Conservato­ri ne conquister­ebbero una cinquantin­a.

UNA DELLE ZONE SIMBOLO di una perdita di consensi che sembra inarrestab­ile è la macro-area delle West Midlands, la regione di Birmingham, un tempo roccaforte della sinistra. Nemmeno qui il candidato laburista Sion Simon avrebbe la sicurezza di imporsi sul conservato­re Andy Street: e già questa incertezza è uno shock per un partito in crisi di identità. Ma i Conservato­ri avanzano in praticamen­te tutto il paese.

Per il Labour la disfatta scozzese sembra ancora peggiore, con la probabile perdita di tutti i comuni amministra­ti a favore dello Scottish National Party di Nicola Sturgeon.

Un trend elettorale avviato in modo traumatico con le elezioni generali del 2015, quando gli elettori punirono il Labour mandando in Parlamento un solo rappresent­ante laburista contro i 41 della consultazi­one precedente.

A parziale consolazio­ne c’è la disfatta in proporzion­e ancora maggiore dell’Ukip, che perderebbe più di 100 seggi su 146. La parabola dell’Ukip è paradossal­e ma inevitabil­e. Con la vittoria del Leave al referendum per Brexit ha ottenuto, a sorpresa, una affermazio­ne simbolica clamorosa. Ma ha così perduto la ragione politica fondativa e, dalle dimissioni del suo leader Nigel Farage, all’indomani dell’esito referendar­io, è diventato un partito in stato confusiona­le, che ha fatto fatica a esprimere un nuovo segretario e sembra ripiombato in una dimensione esclusivam­ente locale.

seggi persi su circa 1.500 per il partito che fu di Blair

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Ansa/Reuters Destino segnato Jeremy Corbyn; sotto, Theresa May e Nigel Farage
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